La Regione Siciliana si appresterebbe a recepire un pezzo del decreto Franceschini che consentirebbe la nomina di esperti del mondo della cultura alla guida di parchi e musei. Insomma la Regione Siciliana si appresterebbe a emulare la stupidità nazionale del pensiero “esterofilo” che vorrebbe dei manager alla guida dei parchi e dei musei siciliani.
Tale stupidità nazionale, che avrebbe valicato anche lo stretto italico più noto, risiede già nel volere utilizzare un vocabolo non italiano: “manager”. In inglese la parola manager corrisponde fondamentalmente alla parola italiana dirigente. Solo che nell’accezione comune alla politica e, in genere, al giornalismo d’assalto, che poi si riflette sull’accezione percepita da tutti, il “manager” è visto come un amministratore capace e carismatico, sempre indaffarato tra telefonate, grafici di rendimento, appuntamenti, riunioni e quant’altro. Il “dirigente” invece è un oscuro passacarte, un burocrate che non si sa bene cosa faccia tutto il giorno, una figura quasi fantozziana. E poi c’è una enorme differenza: il “manager” lavorerebbe nel privato, il “dirigente” nel pubblico. Il privato è, nella visione comune, sempre e comunque produttivo capace di generare un aumento della produzione correlato a una diminuzione del costo medio unitario di produzione; il pubblico, invece, nell’immaginario generale è sinonimo di spreco di risorse collettive.
Il problema principale consiste nel fatto che i dirigenti devono lavorare in una situazione di cronica mancanza di fondi, evidentemente perché i politici, e il presidente della Regione non fa eccezione, sono tutti bravi a parole: sono anni che si ripete che l’assessorato dei Beni Culturali deve essere considerato un assessorato “di serie A”, che bisogna investire in cultura, che la cultura è “volano dello sviluppo e dell’economia”, addirittura si parla di “giacimenti di beni culturali a cielo aperto dai quali estrarre il petrolio” e via dicendo, ma la realtà è che l’assessorato dei Beni Culturali ha subito tagli enormi da diversi anni a questa parte, e oggi musei e parchi si trovano in difficoltà, non solo per le gestione ordinaria ma, anche persino se si tratta di cambiare una lampadina.
La Sicilia è una regione che gode di problemi atavici irrisolti e che nessun governo, nazionale e regionale, desidera risolvere, a partire dalla trasformazione del "medievale" sistema di trasporti regionale in apparato efficiente, al fine di favorire gli spostamenti da una città all'altra della nostra regione.
A proposito di trasporti, in particolare quelli locali e cittadini, è noto che in nessuna città siciliana esiste un sistema coordinato di servizi integrati (trasporti, beni culturali, turismo). In città degne di tale nome esistono delle “carte” che permettono di servirsi di tutti i mezzi di trasporto presenti in loco. Sovente queste “carte” sono abbinate a guide ufficiali della città, oltre a riportare consigli pratici su alberghi, musei, escursioni e attrazioni, dai migliori festival ai locali notturni fino alle mostre e agli appuntamenti imperdibili.
Cosa accade invece in Sicilia. Turisti che arrivano, ad esempio, nella stazione di Castelvetrano, dopo un viaggio interminabile, ad esempio, dal capoluogo siciliano, a causa della chiusura della tratta Castelvetrano-Marinella di Selinunte, non trovano mezzi dedicati e veloci per raggiungere uno dei parchi archeologici più famosi al mondo, quello appunto di Selinunte; stesso discorso tra la stazione di Calatafimi/Segesta e un altro parco archeologico famosissimo come quello di Segesta; se si arriva in aereo all’aeroporto di Birgi, nonostante i comuni, della ormai ex provincia di Trapani, paghino Ryanair per mantenere i voli sul medesimo aeroporto, sono assenti collegamenti dedicati verso i parchi di Segesta, di Selinunte e viceversa.
A Palermo, persino, non si riesce a mettere intorno a un tavolo il Comune di Palermo e Trenitalia, è noto, infatti, che non esiste uno biglietto integrato per bus, tram (gestito dal Comune di Palermo) e il servizio (sic!) di metropolitana (gestito da Trenitalia). Biglietto integrato che sembrerebbe, tra l’altro, anche essere diventato l’oggetto di desiderio di molti palermitani pendolari che consentirebbe loro di spostarsi tra i diversi mezzi pubblici senza dovere acquistare diversi titoli di viaggio.
Nessun governo regionale si è posto minimamente di operare investimenti che tendano ad ammodernare strutturalmente e tecnologicamente musei e parchi, magari in maniera graduale, ovvero partendo da quei siti che hanno un grande richiamo turistico per poi investire i ricavi derivanti da questi investimenti nei siti cosiddetti minori, ma pieni di storia millenaria.
Nessun governo regionale, tantomeno l’attuale, autoproclamatosi rivoluzionario, ha mai pensato a programmare metodologie di fruizione e valorizzazione dei beni culturali, quanto meno quelli trasportabili, in maniera diversa da quella attuale, per esempio pensando di organizzare delle mostre, ogni anno in un luogo diverso, raggruppando le opere e con il coinvolgimento di università e soggetti territoriali turistici del settore, con una preventiva attuazione di politiche di comunicazione su scala planetaria. Nell’ultimo decennio, bilancio regionale alla mano, i governi hanno costantemente eroso i fondi per gli investimenti strutturali e per le politiche di valorizzazione dei beni culturali siciliani.
I governi regionali, a causa di scelte scellerate perseguite negli anni precedenti hanno ridotto ai minimi termini il sistema dei beni culturali isolano, diventano esterofili, confidando di affidare a professionalità non italiane le redini di un tracollo da loro stessi causato.
La questione non è l'origine delle professionalità italiane o non italiane che saranno impiegate nella gestione dei siti culturali, la questione è fondamentalmente culturale. Si promuovano investimenti strutturali, si diano più fondi alla cultura aggiunta anche a una campagna rivolta a chi il museo lo dovrebbe vivere: i cittadini, oltre che i turisti. Le campagne pubblicitarie assessoriali (poche e non coordinate ad onor del vero) sono sempre state rivolte, perlopiù, a un target turistico. Sarà anche per questo che nei parchi e nei musei è difficilissimo trovare siciliani. Iniziamo a far capire alle persone che vivono nelle città che i musei sono luoghi da vivere in prima persona, e non gabbie per turisti.
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