Di Francis Scott Fitzgerald
Autore statunitense, della prima metà del secolo scorso, Francis Scott Fitzgerald è forse il più importante e significativo romanziere dell’”Età del Jazz”. I suoi temi sono legati al mondo a lui contemporaneo e al dissesto economico e morale del quale comprende con amara lucidità i principi motori e le conseguenze.
Scritto a Parigi, in pieno proibizionismo americano, nella metà dei “Ruggenti anni venti” (1925), “Il Grande Gatsby” è lo specchio di quel periodo durante il quale “Il Grande Paese” vive una febbrile frenesia di crescita. Nell‘opera, due temi, due chiavi di lettura si fondono fino a regalarci un piccolo capolavoro.
Il primo: “Il Grande Gatsby”è il romanzo della “modernità”; possiamo leggerlo facilmente trasponendolo nei media moderni. Il suo contenuto fa riferimenti continui a mezzi di trasporto o di comunicazione visiva e vocale.
Alcuni ci vengono presentati in un’istantanea, o in un breve passaggio all’interno dei capitoli in cui il romanzo è diviso: come le ferrovie sopraelevate, l’idrovolante, un “motoscafo leggero col muso all’insù che sobbalzava al largo….” I cartelloni pubblicitari immensi che scandiscono il paesaggio, i grandi “drugstore”, paradisi del facile shopping. Altri, come il telefono e l’automobile sono costantemente presenti.
Il telefono a casa di Gasby squilla continuamente, egli sembra trattare i suoi affari leciti e illeciti attraverso interurbane misteriose. Le costose automobili sfrecciano ovunque, i suoni dei clacson si mescolano al gracchiare dei macinini delle classi più povere e allo sferragliare dei treni. Il capitalismo industriale e finanziario si avvia a diventare consumismo mentre precipita verso la grande crisi del ‘29.
Il secondo tema, quello più importante e che dà vita alla narrazione, è l’amore. Non vi troveremo frasi sdolcinate, né dichiarazioni appassionate, ma scopriremo poco per volta il dramma di un amore impossibile celato per anni e che avrà un casuale epilogo tragico. La vicenda è narrata da Nick, un coprotagonista e spettatore degli episodi salienti, con un linguaggio semplice, ma incisivo ed incalzante, come in una cronaca giornalistica.
Gatsby vive solo in una lussuosa grande villa che si affaccia su un panorama mozzafiato, i suoi numerosi amici lo chiamano “Grande” perché sfoggia ricchezza, munificenza e potere. La sua esistenza è scandita da sontuose feste notturne, frequentatissime dalla migliore società di Long Island, e da misteriose attività manageriali diurne svolte sempre al telefono sul bordo della piscina.
Poco lontano sorge un’altra lussuosa villa dove il narratore incontra due donne, senz’altro belle, ma Fitzgerald non si dilunga sulla descrizione dei volti: egli le presenta come una visione eterea, quasi irraggiungibile: Nick attraversa gli ambienti, fino al arrivare nel cuore quasi segreto della villa, dove: ”… nella brezza estiva di una luminosa stanza sopra un enorme divano… galleggiavano due giovani donne.
Erano entrambe in bianco, e i loro vestiti svolazzavano e si increspavano come se fossero appena stati risoffiati lì dentro dopo un breve volo in giro per la casa.” Donne che appartengono al mondo dorato della ricchezza nel quale recitano la loro parte come oggetti rari, consce di essere il premio più ambito per l’uomo più ricco e più potente. In quel mondo non c’è spazio per l’amore vero, esso è solo trastullo fisico o contratto economico tra potenti famiglie, per cui, non appena affiora il sentimento travolgente, quello che ti sconvolge la vita e che ti riempie di felicità appagante, esso sarà soffocato, in modo tanto più brutale quanto più è forte.
Caterina Puleo
Il Grande Gatsby
di Francis Scott Fitzgerald
Editore: Mondadori