Racconti

durrenmatt racconti

Di Friedrich Durrenmatt

Annoiata dalla routine di vaticinare il futuro per stupidi creduloni disposti a pagare cifre da capogiro per farsi raggirare come allocchi, la Pizia decide di predire a Edipo l’evento più assurdo e impossibile che le venga in mente lì per lì: egli ucciderà il proprio padre e si congiungerà carnalmente con la propria madre.

Tempo dopo, la Pizia Pannichide è chiamata dal boss di Delfi che l’informa che Tiresia ha sborsato una fortuna affinché lei dica a Creonte di Tebe, il cognato di Laio, che la causa della pestilenza che affligge la città va ricercata nel crimine nefando che ha portato Edipo al trono di Tebe. Creonte porta a termine le indagini e svela che l’assassino di Laio è proprio il re Edipo il quale si è anche congiunto con la moglie di Laio (nonché sua madre) Giocasta e ha procreato con lei quattro figli.

Quando Edipo, spodestato e cacciato via da Tebe, torna a Delfi per annunciare alla Pizia che il suo oracolo si è compiuto, viene interrotto dalla risata irrefrenabile della Pizia, la cui furbizia, però, si mette in moto per comprendere le cause, tutt’altro che nobili, di quella serie di oracoli scellerati.

Ella va in archivio a consultare il registro degli oracoli precedenti e vede che la Pizia che l’ha preceduta, dietro il pagamento di cinquemila talenti, ha vaticinato a Laio che, se avesse avuto figli, un suo figlio l’avrebbe ammazzato. Tale oracolo, va da sé, è dettato (e pagato!) da Meneceo, suocero di Laio, il quale vuole che a Laio succeda il proprio figlio Creonte.

Tre oracoli, dunque:

  • il primo, frutto di corruzione da parte di Meneceo
  • il secondo, dato a caso, frutto del capriccio e della fantasia della Pizia
  • il terzo voluto da Tiresia il cui cliente Creonte non vuole altro che spodestare Edipo e rimpiazzarlo sul trono di Tebe

La vicenda continua, sempre più intrigante, con l’apparizione di Giocasta e poi con quella della Sfinge. Si assiste al dialogo sconcertante e illuminante fra Tiresia e la Pizia: due diverse concezioni della politica e del mondo, frutto di interessi pianificati e negoziati, o frutto del caso. Questo racconto, “La morte della Pizia”, preso come esempio del livello intellettuale, dell’arguzia e della finezza dell’Autore, è paradigmatico del ritmo, dello stile e della genialità in cui ci si imbatte.

Assolutamente imperdibile è il racconto “Il Minotauro”, dove la vicenda del labirinto, del Minotauro, di Arianna, di Minosse e di Teseo è vista dal punto di vista del Minotauro, mite creatura che non ha coscienza di se stessa, che non conosce il male, che crede di avere amici con cui danzare, correre, godere la vita e la conoscenza, che ama la bellezza e non sa che è lì, vittima, per fornire eroi gloriosi, quantunque violenti, tronfi e ingiusti, a un popolo che ne ha estremo bisogno.

Qui si toccano vertici di umanità, di metafisica e di poesia davvero rari che ci trasformano. Si ha da subito la sensazione di trovarsi davanti al genio, cioè a colui che, vivendo profondamente tutte le passioni umane e conoscendo vizi e virtù, grandezze e bassezze della nostra specie, non se ne ritiene estraneo, non pretende di definire paradigmi morali, né tanto meno di fornire ricette per una improbabile salvezza, ma, da intellettuale, elabora un modello matematico dei nostri comportamenti, delle nostre speranze, certezze, dubbi ed errori. Matematico, perché, apparentemente, l’Autore non prende le parti dei personaggi: rimane terzo, estraneo, quasi lontano dalle vicende che racconta.

Fare Matematica è porre un certo numero di postulati fondamentali ed ammettere quei teoremi che non contraddicano i postulati. Durrenmatt si diverte nel porre dei postulati assolutamente spiazzanti e irrituali ed è matematico, perché non suggerisce un’interpretazione univoca né dell’animo dei personaggi né dei fatti, né dei rapporti di causa ed effetto, ma ammette qualunque interpretazione che non contraddica i postulati. Matematico, perché la visione delle cose è propria dello spazio delle ennuple: non ci sono centri e periferie, assoluti e relativi, giusti e sbagliati e, se ci sono, sono sempre il contrario di quanto abbiamo sempre pensato.

Anzi, il contrario di quanto la cultura dominante ci ha tramandato. Nel leggere, ci sentiamo giudicati, spesso scherniti, perché riconosciamo le nostre debolezze, il nostro asservimento al quieto vivere e al luogo comune. Il genio consiste proprio nel fatto che l’apparente estraneità dell’Autore ai fatti raccontati nasce da una passione immensa per la ricerca, dalla partecipazione totale e travolgente al conflitto fra l’essere umano come individuo e il mondo. Egli stesso ha dichiarato: “L’arte, la letteratura sono come qualunque altra cosa, un confronto col mondo. Una volta afferrato questo, ne potremo intravedere anche il senso”.

Rosa La Rosa

 

Racconti
di Friedrich Durrenmatt

Editore: Universale Economica Feltrinelli