Almeno il cappello

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Di Andrea Vitali

Che la vita di provincia sia un soggetto “classico” della Letteratura con la L maiuscola tutti lo ricordiamo e sappiamo da essa che vizi, sogni, aspirazioni, bassezze e grandezze di noi umani non dipendono dall’estensione dell’aggregato urbano in cui viviamo. Ne dipendono, invece, le scelte, i comportamenti, i condizionamenti, le soluzioni adottate, perché fanno parte del necessario”adattamento”, legge biologica, prima che umana o storica.

L’Italia “minore” raccontata da Vitali in questo romanzo ambientato nell’era fascista ci si mostra non proprio su “Quel ramo del lago di Como…”, ma più a nord, a Bellano, paese natale dell’Autore, e si estende ai paesini da lì raggiungibili in bicicletta, mezzo di trasporto quasi esclusivo fra i personaggi del romanzo. L’occasione narrativa è il costituendo Corpo Musicale Bellanese che prende le mosse (e le distanze!) dalla preesistente fanfaretta del paese, diretta da Zaccaria Vergottini.

La fanfaretta è inadeguata al decoro e alla perizia che si richiedono a una banda musicale, anche se annovera fra i suoi membri l’operaio della segheria di Dervio, Lindo Nasazzi, virtuoso del bombardino.
Ci vorrebbe un bravo musicista che sappia reclutare nuovi suonatori, incrementare il numero degli strumenti, allenare e addestrare la banda con continuità e sapienza, ma soprattutto facendone un corpo solo.

Arriva dalla sponda occidentale del lago, da Maneggio, il ragioniere Onorato Geminazzi, con la numerosa famiglia e la moglie Estenuata al seguito. Geminazzi viene investito dell’incarico di formare e dirigere il Corpo Musicale e da questa vicenda, alquanto fortuita, scatta una serie di circostanze fatta di furbizie, imbrogli e pettegolezzi, ma anche della determinazione di un musicista sognatore che deve convivere, districandosene, con la grettezza e con l’inerzia della politica e della burocrazia. Ogni pedina, in questa scacchiera del potere periferico del Regime, vuole la sua parte: il podestà, il segretario comunale, il segretario del Partito, il parroco, i ricchi imprenditori.

Con tutti bisogna trattare, a tutti bisogna promettere qualcosa. Pensando all’importanza e all’impulso dato dai nostri attuali politici ed amministratori alla musica e alla cultura in generale, siamo costretti ad ammettere che ben poco è cambiato dall’odioso Regime nei principi e nei metodi, mentre molto siamo progrediti nell’entità della corruzione ed abbiamo bandito la vergogna. C’è una continuità di disvalori cui l’Autore non accenna lasciando che liberamente il lettore faccia due più due.

L’affetto con cui Vitali guarda a questa vicenda è evidenziato dal ridicolo mai enfatizzato, ma palese, dei personaggi e dei fatti. A partire dai nomi propri, diffusi, evidentemente, nella zona durante il Regime: Estenuata, Scudiscia, Armellina, Evelindo. Condanna e indulgenza sempre sapientemente dosate ed una narrazione veloce in capitoli brevi e agganciati l’uno all’altro dalla curiosità che ciascuno suscita e scritti in un italiano feriale, con ironia beffarda e misurata: motivazioni eccellenti per una lettura tutta da godere.

Ci si affeziona ai personaggi più per i loro difetti che per i loro pregi. Perfino il Nasazzi, anima musicale della banda, eccellente musicista, è presentato come un inetto ubriacone alle prese con l’energumena seconda moglie Noemi. Si fa il tifo per lui, così come ci si affeziona a quella provincia variegata che sentiamo vicinissima, ad onta della distanza non solo geografica dalla nostra Sicilia.

 

Almeno il cappello
di Andrea Vitali

Garzanti Libri
ISBN 8811686067