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L’anno della morte di ricardo Reis

La rivoluzione dei gelsomini

Di Josè Saramago

Ricardo Reis è uno degli eteronimi di Fernando Pessoa, definito dal critico letterario Bloom il più rappresentativo poeta del XX secolo, insieme con Pablo Neruda. La precisazione è d’obbligo, perché introduce direttamente nella complessità umana del personaggio Ricardo Reis che altri non è che una delle personalità di Pessoa, morto nel 1936, anno di ascesa al potere in tutta Europa delle destre nazionaliste e fasciste che porteranno il mondo alla catastrofe dell’ultima guerra.

Va detto anche che Ricardo Reis impersona (per conto di Pessoa) un poeta epicureo che aspira alla felicità attraverso l’equilibrio, tenendosi lontano dagli eccessi tanto nel piacere quanto nel dolore. Pessoa lo definisce “un Orazio greco che scrive in portoghese”. Il protagonista, infatti, vive da solo. La sua solitudine, da subito, lo fa diventare per il lettore come la finestra da cui guardare il mondo. Sbarca come un UFO da una nave proveniente dal Brasile e torna a Lisbona, sua patria, da cui manca da 16 anni: quanto basta per un perfetto straniamento.

La patria bene o male

La patria bene o male

di Carlo Fruttero e Massimo Granellini

Ebbene si, siamo riusciti a festeggiare il nostro 150° anniversario dell’Unità d’Italia, un bel traguardo. Ci siano riempiti il petto d’orgoglio e le gole dell’Inno di Mameli, lo abbiamo intonato o comunque ascoltato, abbiamo visto il Nostro Presidente della Repubblica farsi in quattro per festeggiare malgrado tutto e tutti; perfino la pioggia che batteva su Roma quel giorno.

Ma ci siamo riusciti. Questo libro, frutto di un’attenta raccolta di notizie, che spazia attraverso 150 anni della vita italiana dopo l’unità, non è un libro di storia. Evviva, diamo subito la bella notizia a coloro che non hanno mai brillato per amore storico. E’ piuttosto un almanacco, come dice il sottotitolo, essenziale, dell’Italia Unita.

La rivoluzione dei gelsomini

La rivoluzione dei gelsomini

Di Tahar Ben Jelloun

Era nell’aria da tempo: il mondo arabo si è svegliato e non accenna a rassegnarsi, o ad accontentarsi di vane o generiche promesse. Dopo i best seller sul razzismo e sull’Islam e dopo i romanzi ambientati nel mondo arabo, Tahar Ben Jelloun fa ora sentire la sua voce sugli eventi che, a partire dalla Tunisia e dall’Egitto, potrebbero cambiare il mondo.

Tutti noi occidentali non possiamo ignorare ciò che accade sull’altra sponda del mare nostrum. Comunque la si pensi, è necessario conoscere le realtà dei vari stati arabi: la diffusione dell’istruzione e dell’analfabetismo in ciascuno di essi, la distribuzione delle ricchezze, la situazione delle donne, la diffusione e il potere della corruzione, la libertà di stampa, la censura, la partecipazione alla gestione del Paese.

E disse

E disse - di Erri De Luca - Copertina

Di Erri De Luca

Torniamo volentieri a parlare di Erri De Luca, perché il suo stile è un rifugio di bellezza, un antidoto al brutto del linguaggio che ascoltiamo quotidianamente e i suoi contenuti sono quelli dell’umanità, che ci distinguono dagli oggetti, dell’inquietudine, del perdono, della riflessione sull’essere uomini.

“E disse” è dedicato a Mosè e alle sue tavole. Come sentirsi antropologicamente estranei a una tale tematica? Che si sia religiosi, o no, i 10 comandamenti hanno condizionato la nostra vita, perché hanno plasmato il modo di pensare delle civiltà del Mediterraneo e, di conseguenza, l’etica, la morale, le leggi, i costumi: la nostra vita. Un ripensamento sui fondamenti. Non è operazione da poco.

Medea - Voci

Medea

di Christa Wolf

Per capire l’animo umano, o, meglio, il funzionamento del nostro cervello, un ottimo espediente è rileggere gli antichi miti. Essi ci narrano di personaggi ed eventi che attraverso la cortina fumosa del tempo e dell’oblio, rappresentano una possibile visione di noi e del nostro passato. Medea era la figlia del re di un paese del Caucaso, affacciato sul Mar Nero: la Colchide (attuale Georgia). In quel luogo era diretto Giasone, poiché lì si trovava il Vello d’Oro, che gli Argonauti dovevano portare in patria.

Medea è una donna colta, sapiente, conosce i segreti del mondo della natura, si innamora di Giasone, lo aiuta a conquistare il Vello d’Oro e fugge con lui alla volta di Corinto. Medea è certa dell’amore di Giasone, ma come tutti i migranti non sa cosa l’attende. Non sa che in una terra sconosciuta tutte le certezze e tutta la sapienza dovranno essere piegate alla volontà e alle leggi del potere dominante.

La bambinaia francese

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Di Bianca Pitzorno

Esiste, purtroppo, sulla narrativa per ragazzi una diffusa prevenzione sciocca che si aspetta da questo genere una certa tolleranza nei confronti della superficialità, dell’anacronismo storico, della retorica affermazione di principi etici da impartire come tali ad un pubblico che non ha gli strumenti culturali per contestarli.

Quanto di più lontano da tutto ciò è questo romanzo storico della Pitzorno dedicato ai ragazzi, ma adattissimo anche ad un pubblico adulto che abbia il piacere della riscoperta di un momento magico in cui la Francia (o forse bisognerebbe dire “il mondo”?) raccoglie l’eredità culturale della Rivoluzione del 1789, pur dovendo fare i conti con le mutate condizioni politiche.

E’ passato Napoleone; è passato il congresso di Vienna e gli aristocratici sono di nuovo a galla, al potere. C’è di nuovo la monarchia coi suoi privilegi; c’è l’analfabetismo delle classi povere; c’è il gossip di Parigi sugli eventi frivoli, sulla moda, sull’effimero.

Farhernheit 451

fahrenheit

di Ray Bradbury

Mi rivolgo soprattutto alle giovani generazioni, ai ragazzi che si affacciano alla vita ed a tutti coloro che amano leggere. Malgrado questo romanzo sia datato 1953, è sempre di grande attualità, forse oggi più che mai. La situazione culturale italiana è ormai tale che tutti i temi trattati da Bradbury in questo romanzo balzino violentemente alla ribalta.

E’ necessario chiarire che si tratta di un romanzo di fantascienza, che si svolge in una città statunitense, che Farhenheit 451 è la temperatura alla quale brucia la carta.

Il protagonista è un vigile del fuoco che in quella società non estingue le fiamme, ma al contrario le appicca; appartiene ad una squadra di esperti lanciafiamme: il loro compito, il lavoro per il quale vengono pagati è esclusivamente bruciare i libri, tutti, di qualsiasi genere, nessuno escluso.

Almeno il cappello

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Di Andrea Vitali

Che la vita di provincia sia un soggetto “classico” della Letteratura con la L maiuscola tutti lo ricordiamo e sappiamo da essa che vizi, sogni, aspirazioni, bassezze e grandezze di noi umani non dipendono dall’estensione dell’aggregato urbano in cui viviamo. Ne dipendono, invece, le scelte, i comportamenti, i condizionamenti, le soluzioni adottate, perché fanno parte del necessario”adattamento”, legge biologica, prima che umana o storica.

L’Italia “minore” raccontata da Vitali in questo romanzo ambientato nell’era fascista ci si mostra non proprio su “Quel ramo del lago di Como…”, ma più a nord, a Bellano, paese natale dell’Autore, e si estende ai paesini da lì raggiungibili in bicicletta, mezzo di trasporto quasi esclusivo fra i personaggi del romanzo. L’occasione narrativa è il costituendo Corpo Musicale Bellanese che prende le mosse (e le distanze!) dalla preesistente fanfaretta del paese, diretta da Zaccaria Vergottini.

L'ombra del vento

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di Carlos Ruiz Zafon

Barcellona 1945. Sotto un cielo grigio, attraverso la pioggia e la nebbia emergono due figure: un uomo e un bambino che camminano in una strada solitaria. Ecco la copertina, la prima visione del romanzo, non abbiamo ancora cominciato a leggere, ma siamo pronti ad immergerci, con quelle due figure, nelle strade e nei vicoli della città. Entriamo nel romanzo, diventiamo presenza invisibile e, mentre seguiamo l’uomo che procede spedito e sicuro, avvertiamo un vago senso di timore, come un brivido di incertezza per ciò che è sconosciuto, ma ugualmente andiamo a scoprire un luogo segreto del quale “non possiamo parlare con nessuno”.

Tre sono i protagonisti di quest’opera: Barcellona, la città amata e indispensabile all’Autore come il respiro, in cui, leggendo, impariamo a muoverci con sicurezza tra le Ramblas, la via Laietana, il Barrio Gotico, il Caffè Els Quatre Gats e le ville del viale del Tibidabo, la vista da Montjuic; Barcellona, luogo di misteri, ci diventa familiare, come i nomi dei vari personaggi, Fortuny, Sempere, Barcelò che non corrispondono ai personaggi reali storici, ma che fanno comunque parte del vissuto della città.

Accabadora

accabadora

Di Michela Murgia

Se ha soltanto il lontano sospetto che la persona a cui è stata chiamata a dare una morte pietosa non è davvero moribonda, ma è solo un incomodo per la famiglia, allora l’accabadora Bonaria Urrai si adira davvero e maledice coloro che l’hanno chiamata e le future generazioni. È temuta e rispettata in paese, a Soneri, in una Sardegna degli anni 50 destinata a scomparire in poco tempo, per effetto della televisione e della globalizzazione.

“Acabar” in sagnolo vuol dire “finire”. Accabadora è colei che dà la fine. Maria, la voce narrante, è fill’e anima, cioè figlia adottiva di Bonaria. Nata orfana di padre in una famiglia povera, quarta figlia, viene data dalla madre all’accabadora che la prende con sé, trattandola come figlia, mandandola a scuola fino alla terza media, livello d’istruzione molto più alto di quello delle altre ragazze del paese, e insegnandole il mestiere di sarta.