"Corri o figlio" all'1,20

MONREALE, 4 maggio - Dicono che con la crisi, implacabile nel far sentire i morsi della fame, sia più facile, forse fisiologico, aggrapparsi alla fede. Sperare, chissà, nell'aiuto divino di fronte a problemi che sembrano non avere soluzioni e che ci rendono la vita faticosa.

Difficile dire se sia così. Difficile pure fare valutazioni. Più facile che a farle sia chi vive "al fronte" e cerca di contrastare la fame e le difficoltà quotidiane, con il termometro della fede in mano. Parrocchie, missioni, o istituti di carità, certamente, potranno fare riflessioni più approfondite.
Se, però, vogliamo cercare una "spia", un led che si accende, o qualche cosa in grado di fare da indicatore a questo interrogativo, l'aver vissuto il 3 maggio 2014 a Monreale può essere utile. Sentire "Corri o figlio", l'inno ufficiale del Crocifisso per dirla in termini commerciali, cantata all'1,20 di notte da una Collegiata nella quale non entrava più manco uno spillo, è un test che difficilmente può trovare riscontro altrove.

Fuori pioveva a dirotto. Tutto: l'orario, la stanchezza, il tempo brutto avrebbero consigliato a quelle centinaia di persone di stare molto più comodamente altrove. Magari sotto le coperte, al riparo dalla pioggia e dal freddo, o magari a conversare in maniera amena con gli amici.

Eppure quella gente era lì, a recitare una preghiera e ad aspettare che il Crocifisso, tutto inzuppato, tornasse a stare sopra l'altare maggiore della Collegiata, dove risiederà per i prossimi 364 giorni. Quella gente era lì a dire grazie ai fratelli, che con fatica immane, con devozione, bagnati fradici e infreddoliti, hanno portato in giro per il paese il simulacro, infischiandosene del meteo. "Cinquecento cuori, come ha detto il presidente della Confraternita, Valentino Mirto, che il 'viaggio' lo hanno fatto per la città".

A loro: al loro impegno, alla loro fatica, ai loro lividi, alle loro sofferenze, va il ringraziamento sentito di tutti i monrealesi, uniti idealmente, dopo quello reale che ha concluso le fatiche, tributato dai presenti, in un unico, fragoroso applauso.