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Vent'anni dalla morte di Falcone e Borsellino: l'occasione per un profondo esame di coscienza

Dalla loro morte una nuova coscienza antimafia

MONREALE, 14 maggio - Ricorre tra qualche giorno il ventesimo anniversario delle stragi in cui persero la vita a pochi giorni l'uno dall'altro i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Il primo fatto saltare in aria vicino Capaci nel tratto d’autostrada che dall’aeroporto porta a Palermo, il secondo a pochi metri da casa sua in via D’Amelio. Come sempre le manifestazioni ufficiali rischiano di lasciare spazio alla retorica, mentre per tantissima gente il ricordo sarà solo nei mezzi di informazione. E invece non bisogna perdere l’occasione per ribadire che la morte violenta dei due magistrati ha segnato una svolta nella strategia di Cosa nostra e ha contribuito alla nascita di una nuova coscienza antimafia in vasti settori dell’opinione pubblica, soprattutto giovanile.

Oggi nella società civile c’è una maggiore consapevolezza del male che la mafia continua a fare alla Sicilia e c’è pure la consapevolezza che la mafia la si combatte creando ciascuno nel proprio ambiente una coscienza contro ogni forma di violenza. I risultati raggiunti dagli organi istituzionali contro la mafia sono sotto gli occhi di tutti, come sotto gli occhi di tutti c’è un dato incontrovertibile:la delinquenza organizzata non demorde e non passano mesi che non si scoprano nuove aggregazioni mafiose che si ricostituiscono dopo che capi e capetti finiscono nella patrie galere. La Sicilia, purtroppo, è condannata a confrontarsi con questo umiliante problema ancora per molti decenni, senza per questo voler diminuire l’importanza dei risultati raggiunti.

L’anniversario delle stragi Falcone e Borsellino ci offre certamente l’occasione per un profondo esame di coscienza anche a livello istituzionale sulla capacità di reagire in una terra che il confronto con la criminalità organizzata lo deve fare tutti i giorni anche in settori nei quali tutto farebbe pensare che la mafia non è arrivata o non ha interesse di arrivare. C’è una cultura mafiosa attiva e passiva che purtroppo regna sovrana e le centrali educative, Scuola, Chiesa, Partiti, Associazioni e Sindacati non sempre svolgono il loro ruolo contro questa cultura.