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L’erba di casa mia del Conca d’Oro

| Enzo Ganci | Editoriali

MONREALE, 6 giugno – Da oggi a Monreale “L’erba di casa mia” non è più soltanto la bellissima canzone di Massimo Ranieri che vinse “Canzonissima” nel 1973. Da oggi è anche e soprattutto quella del campo sportivo Conca d’Oro, sul quale, finalmente, sono cominciati i lavori di posa del manto erboso.

Per dirla con l’enfasi del sindaco Alberto Arcidiacono e dell’assessore allo Sport Letizia Sardisco, “un momento straordinario, un sogno che si avvera. Una delle più belle pagine di questa amministrazione e della storia di Monreale”.
Enfasi a parte, disporre di un impianto sportivo all’avanguardia, che da oggi magicamente cambia colore, è certamente un passo importante per tutto il movimento calcistico monrealese, che finora ha potuto contare solo su un campo polveroso o fangoso (a seconda degli agenti atmosferici), che, a partire dagli inizi degli anni ’70, quando il sindaco era il compianto Bino Li Calsi, è stato il teatro delle storiche imprese agonistiche della squadra del Monreale.

Sul vecchio rettangolo in terra battuta sono passate intere generazioni di calciatori dilettanti, che hanno fatto la storia di questo sport a Monreale. Alcune di queste le abbiamo seguite, per altre ci siamo appassionati, soprattutto quando la pay-tv non si sapeva che cosa fosse e le domeniche era bello trascorrerle al campo sportivo con la radiolina attaccata all’orecchio in una mano e il "coppo di calia e simenza” nell’altra. Quando le avversarie si chiamavano Partinicaudace, Empedoclina, Salemi o Ravanusa, giusto per citarne alcune.

Da oggi, però, e per la precisione dal prossimo avvio del "Torneo dei Quartieri”, sarà decisamente un'altra cosa. Anzi, per dirla come si usa in questi casi, sarà un altro sport. Un fondo campo di questa qualità garantirà naturalmente un innalzamento del livello tecnico, consentirà qualche giocata di pregio, per la quale sarà bello spellarsi le mani ed applaudire.

Senza contare che a beneficiarne saranno soprattutto i più piccoli, coloro che ancora giocatori non sono, ma che aspirano a diventarlo, che potranno formarsi su un campo dove il rimbalzo è regolare, dove addomesticare un pallone non sarà come tentare di prendere un coniglio, dove non si sarà costretti a tornare a casa pieni di fango quando il tempo è piovoso, dove non ci si scorticheranno le gambe quando si cade a terra.

Da appassionati di sport non possiamo che salutare con grande gioia questo giorno, che magari non sarà storico per la città, ma per il suo movimento sportivo, vuole Dio, certamente sì.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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