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Covid, se la comunicazione si inceppa

| Enzo Ganci | Editoriali

MONREALE, 24 ottobre – Abbiamo sempre avuto un “debole” per i dati ufficiali. Li abbiamo sempre preferiti alle voci di corridoio, ai “si dice”, ai “sembra che”. E anche adesso, soprattutto adesso, in tempo di pandemia e di notizie che si rincorrono, spesso in maniera frenetica e insensata, li abbiamo sempre fatti nostri e sventolati orgogliosamente.

Lo abbiamo fatto un po’ per forma mentis, un po’ per impostazione “culturale”, ma soprattutto perché consapevoli di quanto dannoso, in un momento delicato come questo, potrebbe essere dar credito a spifferi, rumours e dicerie. Già la gente è (comprensibilmente) è preoccupata di suo, se ci si mette pure l’informazione ad alimentare le preoccupazioni le cose si complicano notevolmente.
Purtroppo, però, dobbiamo constatare che il termometro della situazione ufficiale e quello del quadro “reale” del paese segnano due temperature che ci appaiono diverse. I dati che ci propinano le fonti alle quali abbiamo sempre dato credito e quelli che “respiriamo” soltanto camminando per strada viaggiano a due velocità differenti.


Due scuole cittadine chiuse per sanificazione locali, eventi sportivi che non si disputano, centinaia e centinaia di tamponi effettuati nel nostro territorio, ma anche situazioni personali che conosciamo in maniera diretta (senza voler stare a sentire di questo o quel tizio, presunti positivi) mal si coniugano con lo scarno bollettino Asp secondo il quale Monreale presenta numeri estremamente bassi, quasi come fosse protetta da uno scudo spaziale anti-Covid. Riteniamo, purtroppo (sottolineiamo il purtroppo) che la situazione sia diversa. Magari non quella catastrofica prospettata da chi è da sempre frequentatore di tutti i crocchi di piazza, non quella terrificante di chi è iscritto al partito del gossip, ma certamente nemmeno quella perfino rassicurante che le tabelle ufficiali ci presentano.
Anche perché se alziamo lo sguardo un attimo e raggiungiamo centri a noi vicini: da Partinico a San Giuseppe Jato e San Cipirello, per non parlare di Bagheria e Palermo, ci accorgiamo che il virus ormai dilaga e viaggia su numeri infinitamente più grandi di quelli nostri. Lasciatecelo dire: forse qualcosa non funziona. D’accordo che la leggenda che ci hanno sempre tramandato i nostri nonni ci diceva che il “Patruzzu Amurusu” preservò Monreale dalla peste del 1625, ma i miracoli, ammesso che ci siano stati, non sempre si ripetono. Quindi delle due l’una: o il Covid, arrivato alla Rocca ha deciso di cambiare strada o qualcosa dal punto di vista del tracciamento e della comunicazione è sfuggita di mano, allontanandoci dalla realtà.
La nostra non è una polemica e non vuole esserlo affatto, per carità. Né -meno che mai - un atto di accusa. In un momento difficile come questo di tutto possiamo avere bisogno, tranne che di innescare sterili conflitti e inutili asperità. Vuole essere solo la riflessione del cittadino medio, di chi si fa qualche domanda alla quale trovare una esaustiva risposta.
Alle istituzioni il compito di andare a fondo su questa vicenda, informando la cittadinanza attraverso i canali disponibili, nell’interesse di tutti. Noi, è fin troppo chiaro, saremmo i primi ad essere lieti, contenti, felici e raggianti di esserci sbagliati.

 

 

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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