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L’utilità tutta da dimostrare del “Question Time”

| Enzo Ganci | Editoriali

MONREALE, 19 gennaio – Nessuno mette in dubbio “l’ortodossia” del procedimento, magari mutuato dalle norme che regolano la vita parlamentare. Nessuno dice che si siano prodotti atti irregolari, ma l’utilità del Question Time, perlomeno nella forma andata in scena stasera a Monreale - non ce ne voglia nessuno - è tutta da dimostrare.

Quattordici richieste di comunicazioni, tra interrogazioni ed interpellanze, su argomenti non sempre centrali per la vita della città, di fronte ad una platea a dir poco esigua, probabilmente non bastano a giustificare una seduta consiliare, che oltre ad una sua importanza istituzionale, ha pure i suoi costi.

La seduta di stasera, senza nulla voler togliere e con il massimo rispetto che si deve ad uno strumento di democrazia, quale vuole essere il Question Time, non ha certo contribuito a rinsaldare i rapporti tra la politica e il concetto che di essa ha l’opinione pubblica. E non tanto per la scarsissima (eufemismo) partecipazione della cittadinanza alla seduta, cosa che, peraltro, avviene molto spesso, ma perché a questa altrettanto scarsa è stata pure la partecipazione degli stessi consiglieri. Non tanto al momento dell’apertura, poiché al momento di registrare la presenza e con essa, quindi, il diritto al gettone e/o alla giustificazione lavorativa era presente un congruo numero legale, quanto, piuttosto, nel corso della stessa seduta. Era sotto gli occhi di tutti, infatti, che magari dopo aver illustrato la propria interrogazione, aver ascoltato la risposta più o meno convincente dell’amministrazione ed aver infine espresso la propria soddisfazione o mancata tale, diversi consiglieri se la svignavano alla chetichella, ritenendo di avere concluso il loro compito. Chiudendo nel cassetto, così facendo, almeno per stasera, il rispetto per l’istituzione, così come per i colleghi, la cui interrogazione era fissata in scaletta successivamente, che infatti hanno parlato davanti ai cosiddetti “parenti della zita”.

Né il regolamento in questi casi prevede la possibilità di un dibattito articolato sull’argomento in discussione o la sospensione della seduta per mancanza di numero legale, col risultato che alla fine erano rimasti davvero in pochi "a ballare l’hully gully".

Senza contare che, in diversi casi, le interrogazioni di cui si parlava erano già state ampiamente dibattute e commentate dai lettori sulle pagine dei quotidiani on line monrealesi (Monreale News tra questi) e che quindi l’interesse anche mediatico era blando, per non dire prossimo allo zero, ancor prima di cominciare.

Alla luce di tutto ciò, una domanda sorge spontanea: se la prassi è questa e se un argomento, futile o importante che sia, si riduce ad un “tu per tu” tra interrogante ed interrogato, perché non risolvere tutto per iscritto? Io ti interrogo, tu mi rispondi, io ti riscrivo per farti sapere se mi ritengo soddisfatto o meno. E tutto finisce lì. Ne beneficerebbero la qualità della vita di tutti, le casse comunali e, perché no, anche il buon gusto.

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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