Il successo è annunciato, ma di euro nemmeno uno

ROMA, 23 aprile - Non spettano allo Stato ma alla Valle d'Aosta e alla Sicilia le maggiori entrate derivanti - in ciascuna delle due regioni autonome - dall'aumento delle accise sull'energia elettrica a seguito dei decreti del Ministero dell'Economia di fine 2011.

Lo stabilisce la Consulta, dichiarando incostituzionale un comma del decreto legge Cresci Italia del 2012, che prevedeva così di aumentare di 235 milioni annui il concorso alla finanza pubblica delle due regioni e delle province di Trento e Bolzano. Eppure, la Sicilia, unica regione italiana che aveva non soltanto impugnato il comma 4 dell'articolo 35 di quel decreto legge, ma aveva esteso l’impugnazione al comma 5 del medesimo articolo e denunciato, a sua volta, la lesione degli articoli 36 e 43 del proprio Statuto, resta a casa e, ahinoi, con le pive nel sacco.

I presupposti c'erano tutti, tanto che la Consulta, infatti, per il profilo della violazione dell'autonomia finanziaria della Regione Sicilia, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 3, commi 4 e 5 del decreto Cresci Italia, ma nonostante ciò, nonostante gli sforzi professionali sostenuti da coloro che scrupolosamente e dettagliatamente hanno assistito le corrette rivendicazioni siciliane, nonostante gli esborsi economici che presupponiamo siano stati comunque sostenuti per la materiale estensione delle stesse, la Sicilia dalla benevola sentenza non incasserà un centesimo.

Già, perchè mettendo bene in pratica il detto siculo “U poviru unn'avia e a limosina facìa”, il Governatore siciliano, in persona, forse per porre in qualche modo rimedio alle numerose impugnative fatte dal Commissario dello Stato alla martoriata e disastrosa finanziaria, nel mese di luglio del 2014, ha siglato un accordo con il quale ha ufficialmente, ed anzitempo, rinunciato non a Satana, una scelta simile l'avremmo approvata tutti, ma a “...tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o atti conseguenziali in materia di finanza pubblica...” .
Una rinuncia che graverà sulle casse della Sicilia, in ogni caso, fino al 2017, perchè questo è il termine ultimo sancito con quell'accordo.

In fondo che ognuno abbia un prezzo non è di per sè un concetto biasimevole, quando però ad essere intaccate sono sempre ed esclusivamente le tasche dei cittadini comuni le cose cambiano e cambiano radicalmente. Perchè sono criticabili coloro che puliscono casa propria sbattendo i panni sporchi fuori dal balcone, tanto quanto sono assai deplorevoli, però, coloro che, malgrado si sia arrivati al fondo del barile, continuano incessantemente a scavarlo in modo così spregiudicato.
Agneddu e sucu, la Sentenza della Corte Costituzionale numero 65, per i siciliani ha decretato la fine di un ulteriore battesimo.