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Aperto l'anno pastorale, monsignor Pennisi: "No ad un Cristianesimo convenzionale, sì ad uno maturo"

"Non vogliamo cristiani inamidati da salotto: siamo il sale, non il miele della Terra". LE FOTO

MONREALE, 18 ottobre - La pace, la povertà dei cristiani, l'impegno missionario della Chiesa, la funzione delle parrocchie. Sono stati soltanto alcuni temi affrontati da monsignor Pennisi, arcivescovo di Monreale nel corso della funzione di apertura dell'anno pastorale.
La cerimonia si è svolta in una cattedrale piena di fedeli, davanti a gran parte del clero monrealese, compreso l'arcivescovo emerito, monsignor Salvatore Di Cristina. Si è trattato dell'avvio di un anno nel quale la Chiesa monrealese, in un anno importante quale quello della Fede, è chiamata a proseguire il difficile compito educativo, soprattutto rivolto ai giovani, che le è stato affidato dalla Conferenza Episcopale Italiana. Nel corso della celebrazione, monsignor Pennisi ha consegnato il mandato ai catechisti, agli operatori Caritas e tutti gli altri operatori pastorali.

"La «pace», come pienezza di vita e di gioia - ha detto l'arcivescovo nel corso della sua omelia - è il dono che precede e accompagna la missione, che viene accolto dai figli della pace. Gesù si presenta come il modello dell'autentico missionario che manda i suoi discepoli come pecore in mezzo ai lupi. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare questo amore e questa speranza.

In quest'anno della fede - ha proseguito il presule - siamo chiamati a riscoprire la gioia e la bellezza dell'essere cristiani ad avere occhi limpidi e cuore generoso e fedele per credere e amare ed essere tutti un cuor solo ed un'anima sola.

Si tratta di passare da un cristianesimo convenzionale di "atei devoti", per i quali Dio è un intruso che non entra nella vita quotidiana, ad un cristianesimo maturo fondato su una fede autentica, da una appartenenza ecclesiale debole ad una appartenenza responsabile caratterizzata dalla risposta generosa alla chiamata di Dio e dalla partecipazione attiva ed efficace di tutti nella testimonianza evangelica, che scaturisce dalla capacità di leggere i segni dei tempi.

Si tratta di passare dai particolarismi e campanilismi ad una comune corresponsabilità missionaria attraverso strutture pastorali adeguate ai nuovi tempi, da una pratica religiosa rinchiusa nelle sagrestie ad una testimonianza cristiana coraggiosa e gioiosa presente nel mondo della cultura e della costruzione della città degli uomini nella giustizia e nella pace, capace di liberarsi dalla barbarie della mafia con le piaghe cancrenose dell'usura del pizzo, dell'idolatria del potere e del denaro. Non sarà la pura "restaurazione" di forme del passato che potrà rendere attuale il cristianesimo per l'uomo di oggi. Non abbiamo bisogno di cristiani inamidati, da salotto, da pasticceria perché Gesù ci ha detto che siamo il sale, non il miele della terra.

In questo decennio che la Chiesa Italiana ha dedicato all'educazione alla vita buona del Vangelo la sfida educativa passa innanzitutto dagli educatori.

La nostra Chiesa deve essere attenta a suscitare e promuovere le vocazioni educative, favorendo la loro formazione, a discernere e prendersi cura degli educatori. La famiglia - ha concluso monsignor Pennisi - è il luogo primario dell'educazione. La Chiesa è chiamata a suscitare la consapevolezza della missione educativa di ogni famiglia soprattutto attraverso le famiglie cristiane,che sono il soggetto insostituibile di evangelizzazione nella vita quotidiana. La comunità ecclesiale diventa punto di riferimento autorevole della vita buona, se ogni suo membro avverte la valenza educativa della sua presenza nella comunità".

 

 

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