Il messaggio dell'arcivescovo di Monreale agli studenti alla vigilia dell'apertura dell'anno scolastico
Care studentesse, cari studenti,
quest’anno l’inizio ormai imminente della scuola ha un sapore del tutto diverso da quello degli altri anni. E tutti ne conosciamo il motivo: dopo due anni di pandemia, che ha costretto le scuole alla didattica a distanza, finalmente sembra questa la volta buona perché le scuole possano tornare alla didattica in presenza. E non è solo questione di didattica, seppure importante.
Fare scuola in presenza significa tornare alle relazioni quotidiane con i compagni di classe e con i docenti, incrociare volti e non schermi, ascoltare l’emozione delle voci non filtrate dall’audio di un dispositivo, riscoprire la bellezza dei volti e riprendere a guardarsi negli occhi per crescere insieme. Tornare alla presenza significa uscire dalla bolla cui ci ha costretti la pandemia e vivere la scuola nella sua pienezza. La scienza ci sta regalando questo ritorno alla vita. I vaccini, infatti, frutto dell’intelligenza e della ricerca dell’uomo, stanno permettendo il superamento progressivo di una crisi pandemica che ha sorpreso il mondo intero e ha posto dinanzi ai nostri occhi la fragilità della condizione umana.
Ma non solo: abbiamo scoperto quanto siano essenziali alla nostra vita la relazione e la vicinanza fisica, gli abbracci ed i sorrisi, le pacche sulle spalle e le strette di mano. Abbiamo imparato che nessuno si salva da solo e che tutti, nel bene come nel male, siamo interconnessi. Abbiamo riscoperto il nostro essere relazione e in relazione.
La crisi che speriamo di lasciarci quanto prima alle spalle ci sta insegnando tanto, e abbiamo il dovere di farne tesoro. Ma questa crisi ci sta anche segnando. Tanti nostri conoscenti, amici e parenti ci hanno lasciato, la malattia e il lutto sono entrati nelle nostre abitazioni, il senso precario del vivere è divenuto tangibile. Un virus invisibile all’occhio umano ha stravolto tradizioni e abitudini, modi di vivere e di lavorare.
Per tali ragioni il ritorno tra i banchi in presenza quest’anno ha tutto il sapore di una vittoria. Sì, la vittoria della scienza sulla malattia, della vita sulla morte, della relazione sulla solitudine, della presenza sulla virtualità.
Le discipline che studiate in modi differenti conducono alla bellezza e creano cultura e progresso. Il vostro studio appassionato e zelante sia la migliore risposta agli interrogativi profondi che questo tempo ci pone. Siate tutti voi, ragazze e ragazzi, protagonisti attivi della
ripresa già iniziata. Mariangela Gualtieri, poetessa nostra contemporanea, ha scritto versi bellissimi su quanto abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo: “Questo ti voglio dire / ci dovevamo fermare. / Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti / ch’era troppo furioso / il nostro fare. Stare dentro le cose. /
Tutti fuori di noi. /… / È portentoso quello che succede. / E c’è dell’oro, credo, in questo
tempo strano. / Forse ci sono doni. / Pepite d’oro per noi. / Se ci aiutiamo. /… / Un organismo
solo. Tutta la specie / la portiamo noi. Dentro noi la salviamo. / Adesso lo sappiamo quanto è triste / stare lontani un metro”.
Care ragazze, cari ragazzi, il ritorno tra i banchi sia l’inizio di un modo più umano ed autentico di stare insieme e di vivere le relazioni, un modo più fraterno. Credo sia questa una delle “pepite d’oro” che questo tempo ci consegna.
La Chiesa ha bisogno di voi per camminare insieme e portare con nuovo entusiasmo la testimonianza della bella notizia di un Padre che ci ama e cammina con noi nel volto, nelle parole e nella vita di Gesù, nostro fratello maggiore e nostro grande amico.
Vi sono vicino con l’affetto e con la preghiera e spero di potervi incontrare nelle vostre scuole o di potervi accogliere nella mia casa.
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