Monsignor Crociata: "Cogliere i segnali di preoccupazione sociale"

L'intervista su "Giornotto", mensile dell'Arcidiocesi di Monreale

ROMA, 2 novembre - «Cogliere i segnali di preoccupazione che giungono in questa fase della vita sociale ed economica e incoraggiare a farsene carico responsabilmente”, vista “la riduzione dell’offerta di possibilità per un numero crescente di persone».

È il monito lanciato da monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, durante la presentazione a Roma, dell’XI Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia curato da Caritas italiana e Fondazione Zancan. L’appello dei Presule compare in un articolo pubblicato in prima pagina sull’ultimo numero di “Giornotto” il mensile dell’Arcidiocesi di Monreale, pubblicato in questi giorni.

«L’aumento della povertà – ha detto Crociata – rivela la tenuta complessiva di una società come la nostra, attraversata da profonda crisi economica, ma anche da anomia e crisi di senso e di valori». Il segretario della Cei ha riassunto alcuni dati contenuti nel rapporto, che dimostrano un generalizzato

aumento della povertà e di “nuovi poveri” nel Paese e il “progressivo coinvolgimento in situazioni di temporanea difficoltà economica di persone e famiglie tradizionalmente estranee al fenomeno. «Un aspetto molto preoccupante di tale tendenza – ha osservato – è che le nuove situazioni di

povertà sempre meno legate a storie di persone sole e sempre più caratterizzate da un coinvolgimento complessivo dell’intero nucleo familiare. Tutti i membri della famiglia si trovano a vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di sofferenza, anche se sono le donne e le nuove generazioni a pagare il prezzo più elevato».

Mons. Crociata ha sottolineato, in particolare, «la condizione dei giovani, la cui povertà fondamentale si configura come mancanza o perdita di futuro, perché vede sommersi e resi inaccessibili i territori del sapere e intaccata ogni opportunità di lavoro. Scuola e lavoro – ha affermato - sono i fattori decisivi per le nuove generazioni».

Il segretario della Cei ha fatto riferimento anche “alle persone e le famiglie immigrate, nelle quali ancora una volta sono le donne, i bambini e gli adolescenti a subire gli effetti peggiori del crescente impoverimento generale e le conseguenze di una cittadinanza incompiuta che espone maggiormente alla povertà”. A suo parere l’aumento della “povertà familiare” (del 44,8%) è “spesso aggravato dall’incapacità di rinunciare a determinati livelli di consumo”. “In questo senso – ha precisato -, anche lo stile di vita può divenire causa di povertà: molte situazioni di indebitamento e di indigenza derivano dall’incapacità di gestire in modo adeguato i consumi in rapporto all’effettiva entità delle disponibilità economiche”.

Si è perciò poveri “per insufficienza o assenza di risorse economiche” ma anche per mancanza “di capacità, di relazioni e di socialità, privazione di strumenti informativi e culturali, perdita di identità e di senso, smarrimento di valori e assenza di punti di riferimento solidali all’interno della città e del tessuto sociale”.