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L'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi

I mafiosi non potranno fare da padrini di battesimo e di cresima

| Enzo Ganci | Curia

Arriva il decreto dell’arcivescovo di Monreale, dopo il caso di Corleone

MONREALE, 16 marzo – L’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, dopo aver sentito il Consiglio Presbiterale Diocesano, ha emesso ieri un decreto con il quale stabilisce che non possono essere ammessi all’incarico di padrino del battesimo e della cresima “coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici ed hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato”.

Il decreto, che fa seguito ad un precedente decreto del 5 maggio del 2014 riguardante i membri delle Confraternite, si basa su vari documenti della Conferenza Episcopale Siciliana del 1982, del 1994, del 1996 e del 2012 secondo i quali “tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o ad essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa”.

In base al canone 874 del Codice di Diritto canonico, ai padrini è richiesto che conducano una vita conforme alla fede e all’incarico che assumono e si impegnino ad educare nella fede coloro che ricevono i sacramenti del battesimo e della cresima perché adempiano fedelmente gli obblighi che derivano dai sacramenti ricevuti e si comportino come veri testimoni di Gesù Cristo.

Il provvedimento del presule arriva dopo che nello scorso mese di marzo si era verificato il “caso” dell’arciprete di Corleone, don Vincenzo Pizzitola, che aveva concesso il permesso di svolgere il ruolo di padrino a Giuseppe “Salvo” Riina, figlio del boss corleonese Totò, al battesimo della nipotina, figlia della sorella.
ll battesimo si era tenuto lo scorso 29 dicembre in forma strettamente privata ed aveva visto protagonista, come detto, il figlio del boss corleonese, che aveva fatto da padrino alla figlia della sorella Lucia, quando lo stesso Riina junior, con tanto di permesso del giudice di sorveglianza di Padova, dove risiede, si era presentato a Corleone con certificato di idoneità firmato da un parroco della diocesi veneta.

In quella circostanza Pennisi aveva fatto sapere che don Vincenzo Pizzitola “aveva ammesso di aver agito con leggerezza e imprudenza, ma in buona fede, essendosi fidato della preparazione per la Cresima che il giovane Riina aveva avuto nella parrocchia Sacro Cuore di Padova, dove si era anche confessato e comunicato il 16 dicembre scorso”.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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