“Don Vincenzo Pizzitola ha agito con leggerezza, ma in buona fede”

L'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi

Monsignor Pennisi parla ancora del battesimo della nipote di Riina, al centro di tante polemiche

MONREALE, 9 febbraio – “Don Vincenzo Pizzitola, parroco di Corleone ha ammesso di avere agito con leggerezza, ma in buona fede”. Sono parole di monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, a proposito della vicenda che ha riguardato Giuseppe Salvo Riina, figlio del boss corleonese Totò, condannato per mafia, che nello scorso mese di dicembre ha ottenuto il permesso di battezzare la nipotina proprio dal sacerdote del suo paese.

L’arcivescovo rilascia queste dichiarazioni al Giornale di Sicilia, che oggi pubblica una sua lunga intervista in un articolo a firma di Alessandra Turrisi. “Con il parroco di Corleone – dice Pennisi – don Vincenzo Pizzitola ho comunicato via internet. Si tratta di un parroco zelante e apprezzato dai fedeli, con cui ha iniziato una catechesi di ispirazione catecumenale ma che in vari casi non trova riscontro nella gente per quanto riguarda il ruolo dei padrini. Ha ammesso di aver agito con leggerezza e imprudenza, ma in buona fede, essendosi fidato della preparazione per la Cresima che il giovane Riina aveva avuto nella parrocchia Sacro Cuore di Padova, dove si era anche confessato e comunicato il 16 dicembre scorso”.

Pennisi, rispondendo ad una specifica domanda, interviene pure sul tema della scomunica per i mafiosi “È un problema complesso - dice l’arcivescovo – che andrebbe affrontato approfonditamente dagli esperti di diritto canonico. La scomunica è stata stabilita dall'episcopato siciliano nel 1952 per l'omicidio volontario e la rapina e poi nel 1982 i vescovi, confermando le precedenti scomuniche, ne hanno individuato la matrice mafiosa. Colui che ha confessato Riina a Padova lo ha assolto da questa censura? Riina ha confessato oltre ai propri peccati anche il delitto di associazione mafiosa ed era cosciente che tale delitto comportasse la scomunica automatica? Non è così semplice, dunque”. Frattanto le indagini, scaturite dall’ormai famosa fermata della processione di San Giovanni evangelista a Corleone dello scorso mese di giugno, hanno portato al rinvio a giudizio di Leoluca Grizzafi, cognato di Ninetta Bagarella, moglie di Totò Riina, per i turbamento di manifestazione religiosa.

“Mi auguro che la verità emerga dal dibattimento in aula – dice in proposito monsignor Pennisi – per verificare se la fermata è stata motivata per evitare di investire le persone che affollavano la strada, come sostenuto dal parroco e dai membri della confraternita, o per rendere omaggio alla signora Bagarella. Alla famiglia Riina e ai mafiosi voglio dire che prego per la loro conversione, che però non può essere un atto privato davanti a Dio, ma richiede segni esteriori come, per esempio, chiedere perdono ai familiari delle vittime, condannare la mafia, cercare di riparare per quanto possibile il male fatto”.