Riceviamo e pubblichiamo...
MONREALE, 23 dicembre - Con il rintocco delle campane a festa risuona ancora una volta l'annunzio del Natale, che ricorda a ogni generazione che il Figlio di Dio ha condiviso la nostra fragile umanità.
Il Natale non è un evento archeologico, nel quale commemoriamo la nascita di un personaggio del passato, ma è l'annunzio della nascita di un uomo nuovo che conosce l'origine della propria vita e cammina verso l'attuazione del suo destino di bellezza, di verità e di giustizia che trova in Cristo il suo fondamento.
Il Natale è la festa che ci ricorda come il cristianesimo è nato da un piccolo germoglio: “Un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). «Una culla è l'inizio di ciò che germoglia / inizia di nuovo la terra, / principio del mondo è un bambino», (NOVALIS, Conforto del mondo, vieni)
Il Natale è la celebrazione della nostra vera identità nella quale ricomporre in noi l'immagine e la somiglianza con Dio e risolvere il dramma della nostra alienazione.
Il Natale, al di là di tutte le riduzioni consumistiche che ne abbiamo fatto, è un bambino che ci porta il sorriso di Dio, venuto ad asciugare le nostre lacrime. Quel sorriso è la più grande forza contro il dilagare del nichilismo e la più grande energia per ricominciare a costruire una società a misura d'uomo conforme al disegno di Dio.
Il Natale è molto di più che la festa dei buoni sentimenti: è la festa della rivelazione della misericordia e della tenerezza di Dio nel volto del Bambino nato a Betlemme. Egli è venuto per farci conoscere che il Dio in cui crediamo è "Misericordia" e per invitarci a spalancare la porta del cuore alla sua misericordia perché noi la riversassimo sugli altri.
Quando l'uomo rifiuta di riconoscere in Gesù il volto della misericordia del Padre, allora la violenza diventa l'unica legge nei rapporti umani.
In questo Natale non possiamo dimenticare il sangue di tanti innocenti sparso per opera di terroristi fanatici che, uccidendo nel nome del loro Dio, bestemmiano il vero Dio che non vuole la morte ma la vita degli uomini e delle donne creati a sua immagine e somiglianza.
Di fronte alla paura diffusa fra la gente, soprattutto in Occidente, mi sembra quanto mai attuale l'appello che papa Francesco ha fatto aprendo la Porta Santa del Giubileo della Misericordia a Roma: «Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell' incontro con la grazia che tutto trasforma».
Quando l'uomo non si accorge di Dio, allora si fa buio nell'anima, un buio che neppure le mille luci colorate, con l'oro e l'argento degli addobbi e le note dei nostri canti potranno riuscire a vincere.
Gesù è l'unica luce capace di dissipare le tenebre del peccato, della solitudine, della disperazione.
Gesù è luce che riscalda i cuori, ridona la speranza di una vita nuova, capace di espandersi e di traboccare tutt'intorno.
Con Gesù diventiamo luce anche noi per inondare della stessa luce di Cristo il mondo e la storia.
Dal fragile Bambino di Betlemme impariamo cosa significa misericordia, accoglienza e solidarietà.
In questo Natale uniamoci con la preghiera ai nostri fratelli e sorelle nella fede, che sono discriminati, persegui nostri fratelli e sorelle nella fede, che sono discriminati, perseguitati, messi a morte, costretti alla fuga con il silenzio vergognoso e complice di tanti.
Facciamoci prossimo del fratello, chiunque egli sia, da qualsiasi parte provenga, qualunque sia il suo problema. Chiamati ad uno stile di accoglienza e di misericordia, in chiunque bussa alla porta guardiamo i tratti di Gesù, che ha detto: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35).
Regaliamo a Gesù, nel giorno del Suo Natale, la nostra testimonianza di vita gioiosa, facendoci annunciatori e testimoni della buona notizia dell'amore misericordioso di Dio per tutti.
* Arcivescovo di Monreale