Lo sostiene il professor Heinrich Pfeiffer, che ha tenuto una lezione in cattedrale
MONREALE, 26 febbraio - I mosaici del duomo di Monreale potrebbero essere stati completati da Federico II.
La rivoluzionaria tesi è sostenuta da uno dei maggiori esperti mondiali di Storia dell'arte, il gesuita Heinrich Pfeiffer della Pontificia Università Gregoriana di Roma. Lo studioso è stato invitato dall'arcivescovo di Monreale, Monsignor Salvatore Di Cristina, per esporre la terza lezione – concerto, dedicata ai mosaici del duomo. Ultimo appuntamento del ciclo che ha voluto lanciare un dialogo ideale con la Settimana di Musica sacra in programma il prossimo anno.
La prolusione è stata preceduta dall'esecuzione del coro di voci bianche del Conservatorio Bellini di Palermo.
L'oratore ha incantato la platea con osservazioni acute e stimoli lanciati alla mente e al cuore.
«Questo luogo – ha esordito Pfeiffer – è unico al mondo. Presenta una divisione dello spazio basilicale per tematiche, ma quel che stupisce è l'ampiezza della descrizione dedicata al Vecchio testamento: tutta la navata centrale. La narrazione biblica comincia con la morte di Caino per il colpo di una freccia e termina con storia di Giacobbe e l'Angelo, centrale nella storia dell'Ebraismo perché da questo deriva il nome di Israele che significa lotta con Dio. Un'ampiezza descrittiva degna di una sinagoga. Questo spazio è un luogo di incontro e dialogo fra le tre grandi religioni monoteiste».
Primo indizio che porta all'imperatore svevo è, dunque, l'ecumenismo religioso a lungo accarezzato da Federico II. Ma la stimolante tesi è suffragata dall'osservazione dei canoni estetici che contraddistinguono le raffigurazioni musive, una difformità di stile che non trova giustificazioni nell'esiguo spazio temporale, nemmeno un ventennio, durante il quale sarebbe stato ultimato il duomo.
«La differenza fra alcune icone – ha continuato Pfeiffer – di chiaro stile bizantine, di sicuro risalenti al XII s., e altre raffigurazioni, fra cui il Pantocratore, in cui la plasticità prelude alla soluzione prospettica del '400, ci indica il trascorrere di almeno un secolo. La "sproporzione" fra il Cristo absidale e le figure circostanti non può essere stata concepita da una personalità mite quale quella del re normanno».
Secondo lo studioso tedesco, la conferma implicita si trova nella leggenda del Carrubo, sotto il quale Guglielmo avrebbe rinvenuto un immenso tesoro con cui edificare il tempio.
«La leggenda – ha proseguito – risponde ad una domanda cui manca una giustificazione storica: chi ha pagato tutto questo? Il regno normanno non avrebbe potuto permetterselo, soltanto l'Impero avrebbe potuto farlo».
La spiegazione del mistero si troverebbe nella "damnatio memoriae" che ha colpito gli Svevi snaturandone la reale portata storica, soprattutto in Sicilia.
«Una damnatio memoriae – ha concluso lo studioso – deve essere tolta da un cristiano: perciò ho parlato».