“Affidiamo i profughi minori non accompagnati alle famiglie italiane”

Messaggio “forte” dell’arcivescovo di Monreale sulla questione immigrazione

MONREALE, 18 agosto – “Ci sono famiglie italiane disposte ad accogliere i minori non accompagnati, dando loro assistenza sanitaria e inserimento scolastico e sociale”.

È questo uno dei passaggi più importanti dell’intervista rilasciata dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi a “La Stampa” di Torino sulla questione profughi. Nell’articolo pubblicato stamattina dal quotidiano piemontese Pennisi parla delle difficoltà che incontra chi, come la diocesi di Monreale, opera per dare un primo soccorso alle migliaia di migranti che con cadenza sempre più frequente, sbarcano sulle coste siciliane dopo aver attraversato il Mediterraneo provenendo dalle coste libiche.
“L’immigrato – aggiunge Pennisi, segretario Cei per l’educazione cattolica e membro del dicastero vaticano Giustizia e Pace – è un essere umano da accogliere e contribuisce ad arricchirci economicamente, culturalmente e religiosamente. Non è un fenomeno straordinario e temporaneo, dobbiamo farci i conti ogni giorno. Una realtà da considerare nella sua totalità. Serve buon senso , non misure emergenziali. Dobbiamo guardarci di dal cinismo di chi pensa di approfittare delle sventure altrui per fare affari. Uno scandalo”.

Nell’individuare i passi necessari all’integrazione, finora garantita da “pescatori, militari, medici, volontari, operatori della Caritas, parrocchie ed associazioni”, l’arcivescovo di Monreale indica alcune misure: “L’unica maniera umane di accoglierli – sostiene il presule – è integrarli nel territorio , attraverso strutture piccole, a misure d’uomo. Nei centri in cui vengono ammassati migliaia di profughi è impossibile andare incontro ai bisogni di ciascuno. Per ogni migrante deve esserci un percorso personalizzato con borse lavoro, tirocini formativi, corsi di italiano, ricongiungimenti familiari. Se ognuno fa qualcosa – conclude Pennisi – allora possiamo fare molto. Può bastare anche l’ordinanza di un sindaco per consentire ai profughi di lavorare”.