Piantato oggi un ulivo che simboleggia la convivenza interreligiosa. LE FOTO
MONREALE, 25 gennaio – Un albero d'ulivo piantato da due arcivescovi cattolici, un imam e un rabbino, cui è seguita una preghiera, ognuno nella propria lingua. Un simbolo di pace che guarda alla Siria e ai cristiani che lì vivono storie di quotidiano martirio.
Stamattina, in una Monreale presidiata dalle Forze dell'Ordine si è svolta l'ultima giornata della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Alla Divina Liturgia, in rito bizantino-slavo, è seguita, nel pomeriggio, la tavola rotonda fra l'arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, quello di Aleppo Jean-Clement Jeanbart, Stefano Di Mauro, rabbino capo del Centro sefardico siciliano, Sami Salem, imam della Grande moschea di Roma.
I rappresentanti delle tre grandi religioni monoteiste sono stati invitati dal moderatore Claudio Betti della comunità di Sant'Egidio, a declinare la libertà religiosa nella loro esperienza concreta.
“Siamo qui – ha detto monsignor Pennisi – per parlare di liberà religiosa e di pace. Ci sono regioni del mondo in cui non si può professare la propria fede se non a rischio della vita. La libertà religiosa è connaturata alla dignità umana. Il fondamentalismo religioso e il laicismo rappresentano il rifiuto del pluralismo e della vera laicità”.
“Tornato dall'America – ha raccontato il rabbino – ho sperimentato l'antisemitismo strisciante che c'è in Sicilia, dove una comunità ebraica si sta ricostituendo dopo più di 500 anni. Sono stato costretto a cambiare scuola ai miei figli tre volte, per trovare un ambiente più sereno”.
“Quando sono arrivato in Italia – è l'esperienza narrata dall'Imam – in Toscana, ho trovato dove pronunciare il sermone del venerdì e una sala da affittare come moschea, grazie al parroco del luogo. Noi siamo musulmani, non terroristi. Un miliardo e 800 mila persone non possono subire una condanna di terrorismo, per l'ignoranza di un gruppo minoritario”.
“Purtroppo – ha detto l'arcivescovo di Aleppo – non tutti i musulmani e gli ebrei sono come i miei amici qui presenti, perchè altrimenti la pace sarebbe già un fatto. L'esperienza mi ha insegnato che non ci sarà pace fino a quando ci sarà commistione fra politica e religione. In Siria vivevamo bene con i musulmani, ma c'è una minoranza feroce che la pensa diversamente.
In noi Cristiani troverete interlocutori disponibili alla pace, non perchè lo dico io ma per la posizione giusta assunta da Papa Francesco”. Durante la messa in rito bizantino, durata oltre due ore, l'arcivescovo di Aleppo ha sottolineato l'universalità della Chiesa da cui nessun figlio di Abramo è escluso.