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Aleardo Terzi, una strada intitolata a Monreale e a Palermo e nessuna ricorrenza, a centocinquant’anni dalla nascita, così si dimentica un grande artista

Una biografia dai tratti incerti, ancora tutta da riscrivere

MONREALE, 18 ottobre - Dopo decenni di immeritato oblio, torna alla “ribalta”, ma sarebbe più giusto dire dovrebbe essere riscoperta la figura di uno straordinario artista e raffinato disegnatore di manifesti, attivo quasi fino alla fine del secondo conflitto bellico, del quale ricorre quest’anno il centocinquantesimo anniversario della nascita.

Aleardo Terzi è stato forse il più dimenticato tra gli artisti siciliani, in compagnia di tanti altri, che gli storici dell’arte hanno trascurato con lucida consapevolezza, penalizzando un‘area geografica che ha dato i natali a grandi personaggi dell’arte.
Più di tre anni fa il Comune di Monreale attribuiva i toponimi a tutte le vie denominate con sigle secondo la circolare ISTAT n 912 del 15 gennaio 2014 nella quale si invitavano i comuni, alla luce delle nuove normative a una nuova revisione della toponomastica stradale, al fine di eliminare le anonime sigle e sostituirle con i toponimi – figure che degne di essere ricordate nel tempo e il cui riconoscimento concorresse alla creazione di un’identità culturale - su mia proposta fra i tanti personaggi intitolava una strada all’illustre artista, Aleardo Terzi.


Figura di primo piano nel panorama del designer italiano, quando i manifesti avevano un ruolo centrale nella comunicazione e nella propaganda, Aleardo Terzi è un artista di grande levatura europea, figlio di Andrea, (Monreale,10 novembre 1842 - Roma 1918) celebre acquarellista e litografo, autore di opere editoriali di rilievo sul Duomo di Monreale realizzato dall’abate Domenico Benedetto Gravina – e La cappella di S. Pietro nella Reggia di Palermo, dei quali aveva realizzato le cromolitografie.
Quest’ultima descritta nella parte letteraria da Michele Amari, Isidoro Carini e Saverio Cavallari, premiata all’Esposizione Universale di Vienna del 1873 e di Parigi nel 1878. Il padre aveva studiato sotto la guida di Giuseppe Patania (1780 – 1861), maestro di tanti artisti e autore di un’immensa produzione di opere in tutta la Sicilia e in particolare a Monreale “La leggenda del rinvenimento del tesoro” Chiesa dell’Albergo: Quadro della pietà (1836), (Accascina, Ottocento siciliano, 1939).
La sua famiglia aveva avuto un ruolo di primissimo piano nell’editoria in Sicilia tra la fine dell’800 e gli inizi del’ 900 e tale ruolo favorì - insieme all’ambiente artistico di formazione - il successo del nostro artista.
Successo conseguito, fuori dagli stretti confini dell’isola in seguito al suo trasferimento nelle grandi città della grafica e della pubblicità, Milano, Torino e Roma.


Compagni di tale avventura, artisti come Lionetto Cappello, Marcello Dudovich, Raymond Savignac, Armando Testa ed Erberto Carboni autore del famoso slogan “È SEMPRE L’ORA DEI PAVESINI” per citarne alcuni.
La nascita avvenuta il 6 gennaio 1870 tra Palermo e Monreale come viene riportata in tutti i cataloghi d’arte che si sono occupati del noto disegnatore è avvolta nell’incertezza degli archivi anagrafici. Recenti ricerche non hanno trovato riscontro circa il luogo di nascita, e dalla consultazione dei registri degli atti di nascita di Palermo tra gli anni 1866 e 1875 non risulta alcuna trascrizione.
Stesso esito viene riscontrato dalla consultazione dei registri dell’anagrafe di Monreale dove non risulta né la data e né il luogo di nascita, eppure il padre Andrea proprio negli stessi anni della nascita del figlio Aleardo, lavorava alla stesura delle cromolitografie sul Duomo di Monreale e il giovanissimo Aleardo durante gli anni dell’apprendistato presso il padre si esercitava nel disegno davanti ai mosaici del monumento normanno.
Spingendoci nelle ricerche, visto l’esito incerto abbiamo voluto consultare il Comune di Castelletto Ticino, dove il 15 luglio del 1943 - come riportato nei testi dedicati al nostro artista - ebbe a concludersi la sua vita terrena, e anche qui le ricerche non hanno sortito esito positivo. Dunque, una biografia dai risultati incerti, che merita di essere continuata con maggiore determinazione.
Ma, vediamo chi è Aleardo Terzi e perché è stata intitolata una strada a Palermo e Monreale.
Pittore, illustratore, cartellonista, decoratore, ceramista, scenografo, costumista, incisore, disegnatore di mobili e vestiti ha al suo attivo una intensa produzione di opere realizzate per le più importanti industrie di grafica e di comunicazione pubblicitaria.
Suo fratello minore Amedeo (1872-1955) fu un noto disegnatore scientifico e per un periodo collaborò con il fratello.


Inizia molto presto a lavorare con il padre come illustratore, imparando l’arte della riproduzione litografica e solo più tardi, nel 1898, si trasferisce a Milano.
Di particolare importanza per la sua carriera di cartellonista fu la collaborazione con le Officine Ricordi. Per la Ricordi oltre ai manifesti, Terzi, disegna libretti musicali e cartoline illustrate, iniziando la fase più feconda della sua produzione come illustratore, realizzando manifesti che rimasero indelebilmente impressi nell’immaginario collettivo, come quelli per i Magazzini Mele e più tardi quelli notissimi del Dentol, con la scimmia appesa ad un ramo che si lava i denti, e quello per il colorificio Max Meyer, con il cucciolo che tiene il pennello in bocca. Nel contempo l’artista si occupa di illustrazione per riviste e libri, si ricordano le illustrazioni per «Il Giornalino della Domenica», le copertine a colori per la rivista «Ars et Labor» della Ricordi, quelle per «La Lettura», mensile del «Corriere della Sera» e le tavole illustrate per il libro per ragazzi Cantilene dei bambini, stampato dalla casa editrice «Novissima» e le illustrazioni per «Il Corriere dei Piccoli».
Nel 1894 espose a Palermo alla mostra degli artisti siciliani un’opera dal titolo Azalee che riscosse notevole successo. Nel 1904 è nominato direttore e disegnatore della casa editrice romana Danesi, ma continua la sua collaborazione con la Ricordi.
Nel 1917 espone l’opera Mattino d’Estate alla Galleria d’arte Moderna di Palermo, dov’è conservata, di chiara ispirazione divisionista.
Nel 1925 dirige la Scuola del libro di Urbino appena istituita, dove orienta la didattica verso la formazione pratica, insegnando disegno, illustrazione, xilografia e calligrafia, incarico che mantenne fino al 1930. Allo stesso tempo, nel 1928, cura la parte grafica e illustrativa dell’Enciclopedia Italiana. Nel 1930 torna a Milano dove prosegue la sua attività di illustratore di libri per ragazzi, in particolare per la collana La Scala d’Oro e di grafica pubblicitaria per la casa farmaceutica Wander di cui fu direttore artistico.


Essendosi inoltre misurato con molte discipline artistiche, come la ceramica, la moda e persino la progettazione di mobili, Terzi può esser definito l’artista alla maniera di William Morris, del quale per altro condivideva l’ideale socialista della necessità di diffondere a tutti l’arte, la cultura e la bellezza. Molto vicino a Duilio Cambellotti che aveva conosciuto a Roma nel 1903 e dietro consiglio del quale decise di cimentarsi con la ceramica, Terzi aveva partecipato nel 1923, proprio insieme al gruppo di Cambellotti, alla I Biennale di Arti Decorative di Monza, presentando un servizio di piatti che ottiene la medaglia d’argento.
Muore il 15 luglio del 1943 presso l’ultima sua dimora a Castelletto Ticino (Novara), almeno così riportano coloro che, finora si sono occupati dell’uomo e dell’artista.
Un grande pittore e un raffinato disegnatore dal tratto elegante e creativo, che ha lasciato un’impronta nel panorama della grafica e della pubblicità; un personaggio vissuto certamente tra Monreale e Palermo, almeno nella fase della sua formazione, portando con sé i colori, il gusto e l’eleganza delle opere liberty e le moderne istanze dell’arte europea di cui sicuramente si nutrì nella fase successiva della sua carriera.
Portare a temine la sostituzione delle omonime sigle con personalità come il nostro Aleardo Terzi sarebbe la conclusione di un iter amministrativo e al contempo il giusto e doveroso riconoscimento per tanti uomini e donne, che hanno dato lustro alla nostra storia e alla nostra comunità. Sarebbe un segnale, seppur timido di riconoscenza e di memoria.