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La riflessione di Leopardi sui costumi ed il pensiero degli italiani

| Salvino Caputo | Cultura

La disperazione, l’egoismo, il pressappochismo, il qualunquismo, diventano i peggiori nemici del bene operare

La riflessione di Giacomo Leopardi, il più grande poeta della letteratura italiana, è rimasta negli annali letterari italiani, una titanica prova di un saggio incompiuto scritto nel 1824 e pubblicato nel 1906.

Mi diceva sempre Leonardo Sciascia, ancora prima della recensione critica operata da Asor Rosa: Figlio mio, la riflessione di Leopardi è la più grande intuizione di un poeta organico e sublime, scritta nel novecento a proposito della nostra identità nazionale; di rimando al mio maestro chiedevo: Maestro Leonardo, concordo pienamente con te, ma vorrei integrare dei particolari fondamentali che ti riguardano in prima persona. Dopo la sintesi sulla riflessione di Leopardi sui costumi ed il pensiero degli Italiani, vorrei riscrivere la vera rivoluzione culturale che ha operato il pensiero di Sciascia sui costumi, la sudditanza degli Italiani nel nostro novecento. La riflessione di Leopardi era incentrata sul tema e sul concetto di Nazione, sull’idea di Patria dei grandi intellettuali del Risorgimento.

Nel suo saggio incompiuto, Leopardi approfondisce le condizioni storiche della sua Epoca, opera una comparazione con le altre nazioni europee e delinea una vera riforma politica; la considerava necessaria ed urgente sullo sfondo della grande trasformazione economica della Germania, Francia ed Inghilterra. Leopardi era convinto che anche la nostra Italia poteva approdare alla modernità del novecento. Tra sé e sé Giacomo Nazionale sbuffava: Germania, Francia, Inghilterra, hanno un principio conservatore della Morale e quindi della Società; questo principio è la società stessa. La società ed il suo vincolo sociale devono fissare i buoni costumi, le regole, le virtù pubbliche e le categorie etiche. Un mondo condiviso di valori e di cose, in mancanza di un’unità politica, obbliga la collettività a perseguirle individualmente nella vita quotidiana. Purtroppo, chiosava Leopardi, la vita degli italiani è senza prospettiva, senza occupazione e senza scopo. Da ciò nasce il maggior danno che mai si possa pensare. La disperazione, l’egoismo, il pressappochismo, il qualunquismo, diventano i peggiori nemici del bene operare e diventano autori e protagonisti del male, della corruzione e dell’immoralità. Nasce e si origina l’indifferenza, verso se stessi e gli altri, che è la peste in assoluto dei costumi, dei caratteri e della morale. La filosofia dell’organizzazione sociale espressa da Leopardi avrebbe potuto condurre i cittadini ad una piena libertà; tutto sommato la filosofia del sommo poeta resterà a tutt’oggi un teorema rivoluzionario, sospeso tra utopia ed anarchia. Giacomino era un sognatore, un idealista e considerava la Politica una Scienza Globale. Ha vinto Machiavelli e la morale utilitarista del fine supremo nella politica globale, ovvero, il fine giustifica i mezzi, la corruzione e l’ingiustizia. Nella seconda parte di questo articolo, rivisiterò il pensiero organico di Leonardo Sciascia sui costumi degli Italiani, sulla Politica e sul Gattopardismo.
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· Enzo Ganci · Editoriali

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