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Palermo, allo Sperone spacciavano famiglie intere: 57 arrestati

| Giorgia Garda | Succede a Palermo

Con l’operazione “Nemesi” duro colpo dei carabinieri ad un consolidato traffico di droga

PALERMO, 2 novembre – Alle prime ore di stamattina, a Palermo, i militari della Compagnia Carabinieri di Palermo San Lorenzo hanno dato esecuzione a 58 provvedimenti cautelari (37 in carcere, 20 domiciliari e 1 dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) emessi dall’ufficio Gip del Tribunale di Palermo

Le misure sono state adottate sulla base delle risultanze investigative emerse al termine dell’indagine dei militari e diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia, coordinata dal Procuratore Aggiunto Salvatore De Luca, per le ipotesi di reato di associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

L’indagine, condotta dai Carabinieri tra febbraio e luglio del 2018, ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario che è stato sostanzialmente accolto, a richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nel provvedimento cautelare odierno. Secondo tale provvedimento, per l’appunto, sussistono gravi indizi per affermare l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti e operante nel quartiere Sperone di Palermo e di individuarne struttura, dinamiche e strategie criminali. Tra gli aspetti di rilievo vi è il coinvolgimento negli illeciti traffici di interi nuclei familiari, pronti ad avvalersi anche di minorenni per la cessione di stupefacenti. Si è appurato come gli spacciatori usassero, indistintamente, gli inospitali meandri degli edifici, le strette vie del quartiere, le abitazioni dei promotori e, addirittura, le camerette dei figli minori, con funzioni di stoccaggio, lavorazione e spaccio di stupefacenti.

Sempre secondo l’ordinanza cautelare, sussistono gravi indizi per affermare che l’attività di spaccio avveniva nei pressi della scuola del quartiere (aggravante riconosciuta nel provvedimento cautelare eseguito), in favore di innumerevoli acquirenti che accorrevano anche da altre province siciliane. Si è accertato come lo spaccio di cocaina, crack, hashish e marijuana, rappresenti, di sovente, una delle principali fonti di sostentamento per intere famiglie, i cui membri, tranne rari casi di colpevole connivenza, risultano integralmente partecipi alle attività delittuose. Sono, inoltre, stati individuati i due canali di approvvigionamento degli stupefacenti, gestiti da tre degli odierni indagati, con precedenti penali e gravitanti nell’orbita della criminalità organizzata.

E’ stato investigativamente delineato l’organigramma dell’associazione, con un vertice che gestiva il rifornimento, le strategie di spaccio e raccoglieva i proventi dell’attività, da cui dipendevano ben tre distinte compagini criminali, ognuna con a capo una famiglia che organizzava autonomamente la propria “piazza di spaccio” e impartiva precise direttive ai propri pusher. L’autonomia gestionale riconosciuta dal vertice del sodalizio ai promotori dei tre gruppi in cui si diramava l’organizzazione conferiva maggiore fluidità rispetto a una struttura rigidamente gerarchizzata, lasciando però intatto il vincolo associativo e la consapevolezza negli indagati del perseguimento di uno scopo comune.
Un ruolo fondamentale è stato riconosciuto alle madri, alle mogli e alle conviventi dei capi delle compagini, le quali collaboravano nella direzione delle attività criminali, nei contatti con i fornitori e nel tenere la contabilità delle ‘piazze di spaccio’, pronte anche a subentrare, all’occorrenza, per garantire continuità allo spaccio in caso di arresto di uno dei promotori.

Il presunto sodalizio criminale aveva a disposizione magazzini e interi appartamenti, in cui i sodali si riunivano per decidere le strategie dell’organizzazione, spartirsi i proventi o rifornire i pusher impegnati nelle ‘piazze’. Tali siti venivano utilizzati per lo stoccaggio di marijuana e hashish e come laboratori per “cucinare” e “basare” la cocaina per la produzione del crack. Il vincolo associativo era talmente forte che parte dei profitti erano redistribuiti per il sostentamento delle famiglie dei detenuti e il pagamento delle relative spese legali.

I pusher operativi su strada per conto della delineata associazione erano organizzati su turni per garantirne la piena attività anche in orario notturno, con direttive precise sui punti dei cortili condominiali dove occultare lo stupefacente e sulle modalità di consegna agli acquirenti. Le piazze di spaccio garantivano ai tre sodalizi consistenti profitti, stimati nell’ordine di 1,5 milioni di euro su base annua. Nel corso dell’attività sono già state arrestate in flagranza di reato 37 persone, segnalate alla Prefettura quali acquirenti 56 soggetti e sequestrati circa 3 chili di stupefacente e oltre 6.000 euro in contanti.

 

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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