Palermo, s’infrange il sogno di una vita: chiude il teatro Lelio
Con esso anche il Centro Museale del Carretto e Paladino di scuola palermitana voluto da Giuditta Lelio e da Enzo Pandolfo. È un duro colpo per la cultura siciliana e nazionale
PALERMO, 8 agosto – È di questi giorni la notizia della chiusura del Teatro Lelio di Palermo, dopo trent’anni di gloriosa attività e con esso il Centro Museale del Carretto e Paladino inaugurato pochi mesi prima della scomparsa del suo promotore Enzo Pandolfo, avvenuta nell’aprile del 2020.
Prima la sua scomparsa, ora la chiusura del Teatro Lelio di Palermo e il Museo del Carretto e Paladino, così Palermo perde in un solo colpo un teatro di grande prestigio e un museo, uno scrigno di manufatti di grande valore culturale e artistico, frutto di tanti anni di appassionata raccolta di un grand’uomo quale è stato Enzo Pandolfo.
A dare la notizia nei giorni scorsi la figlia di Enzo Pandolfo, Simona che con grande rammarico annuncia la chiusura del Teatro con annesso Museo del Carretto e Pupi ubicato nel foyer voluto dal padre e contestualmente l’indifferenza della Palermo culturale, che come riferisce Simona Pandolfo ai giornali, non ha mosso un dito, anzi, non ha alzato una cornetta per manifestarle solidarietà e vicinanza per la chiusura del prestigioso teatro e del museo.
Nella stessa nota diramata dai giornali la Pandolfo annuncia l’inaugurazione del Museo del Carretto e Pupi a Castelbuono, che ha accolto e ospitata la prestigiosa raccolta, intitolandola a Vincenzo Pandolfo.
Fin qui la cronaca, anzi la triste vicenda di un fallimento culturale, di un’ennesima sconfitta della società, perché il Lelio non è stato un teatro qualsiasi, ma un pilastro del teatro italiano ed europeo con una storia singolare e di grande importanza.
Il Teatro Lelio vide la luce nella primavera del 1990 per volontà di Giuditta Lelio attrice, regista e direttore artistico e Enzo Pandolfo organizzatore generale; quattro anni di duro lavoro per trasformare l’ex cinema Eden in teatro e metterlo nel circuito delle rassegne teatrali siciliane.
Giuditta ed Enzo avevano iniziato tanti anni prima l’esperienza teatrale con le attività del Gruppo Teatro – Scuola e successivamente con la sfida del nuovo Teatro Lelio, come dicevamo nell’ex cinema Eden, avvalendosi della collaborazione di Salvo Licata, che nei mesi precedenti l’apertura curò la pubblicazione de “Perché Lelio” a cura del Gruppo Teatro Scuola.
L’illustre giornalista e commediografo ricostruì attraverso le numerose conversazioni con i due amici, e con la zia Anna Lelio, memoria storica e sorella di Italia Lelio madre di Giuditta, in quei giorni impegnata nelle prove della Medea di Seneca al teatro greco di Segesta, in una trattoria di Castellammare a raccontare per grandi linee la ricostruzione della vicenda della famiglia Lelio.
Nella pubblicazione, sono parole scritte da Salvo Licata “una Lelio, palermitana d’adozione realizza il sogno di aprire un teatro e di intestarlo alla maschera Lelio e alla storia di una famiglia d’arte”.
Una storia, quella del teatro legata alle vicende familiari dei Lelio e alle rassegne improntate alla tradizione della Commedia dell’Arte e alle “vastasate”, le tipiche recite popolane della Palermo del settecento, alle farse comiche e al teatro sperimentale contemporaneo.
A Giuditta Lelio si deve la nascita, nello stesso stabile della Scuola di teatro, l’accademia d’arte drammatica “Italia Lelio”, centro di diffusione e promozione della pratica teatrale per le scuole del territorio.
Di Enzo Pandolfo e del suo Museo del Carretto e Pupi, ne avevamo data notizia nelle pagine di questa testata giornalistica, e al personale privilegio di averlo incontrato nel periodo precedente l’inaugurazione del museo, della sua volontà di pubblicare un quaderno dei pupi e dei carretti a cui stava lavorando, che auspichiamo possa venire alla luce come opera postuma in memoria di un grande uomo di cultura, qual è Enzo Pandolfo.
Ancora impresse nella mia memoria le sue parole: “finalmente si potrà realizzare il sogno di implementare il centro museale dedicato ai carretti e pupi di scuola palermitana e di renderlo fruibile alle scolaresche, e a tutti coloro che come me amano le tradizioni popolari”.
Questa la storia di ieri, quella di oggi è la cronaca di un sogno che inesorabilmente s’infrange nei meandri di una città caratterizzata da tante contraddizioni.
Un ulteriore duro colpo per la cultura palermitana, un patrimonio culturale voluto e reso condivisibile da un grande uomo, che immeritamente dimenticheremo presto, com’ è d’uso nella società odierna.
Torneremo ad ammirare questo immenso e importante patrimonio, ma per farlo dovremmo recarci in quel di Castelbuono, che in maniera lungimirante e ammirevole ha raccolto la proposta della figlia Simona, dedicando il nuovo museo al suo grande estimatore, Vincenzo Pandolfo.
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