Avrebbero trasportato i profughi sbarcati sulla nave "Diciotti"
PALERMO, 22 agosto - La Polizia di Stato ha eseguito il provvedimento di “fermo” di indiziato del delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nei confronti di sei cittadini egiziani, ritenuti gli “scafisti” di una imbarcazione, soccorsa in acque internazionali, nel contesto dell’operazione Triton, lo scorso 19 agosto.
In quella circostanza, sono stati 359 I migranti fatti sbarcare a Palermo dalla nave della Capitaneria di Porto “Ubaldo Diciotti”. La vedetta italiana ha, lettralmente, sottratto alla morte gli stranieri, (siriani, egiziani, palestinesi, iracheni, etiopi, eritrei, somali, e sudanesi), a 160 miglia nautiche ad est di Capo Passero, quando l’imbarcazione a bordo della quale erano “stipati”, stava irrimediabilmente imbarcando acqua.
Una settantina di passeggeri sono stati, invece, fatti sbarcare a Taranto; complessivamente, quindi, i passeggeri trasbordati sull’imbarcazione andata alla deriva erano 432, compresi i 6 “scafisti”.
Le generalità dei 6 cittadini egiziani fermati sono: Mustopha, Taysir, 38 anni, Solah Ahmed, 29, Mohammud Alli, 22, Mohammed Abdella 24, Mohammed Taysir, 42, Ala Mohamhed Shafi, 28. A conclusione delle operazioni di soccorso e ristoro degli oltre 300 migranti giunti nel porto di Palermo, la Polizia di Stato, anche in quest’occasione massicciamente schierata, insieme agli altri enti istituzionali preposti all’accoglienza, ha aggiornato la contabilità che dà conto dell’arresto di “scafisti”.
Le audizioni dei migranti /passeggeri di queste carrette del mare, oltre che fondamentali dal punto di vista investigativo, rappresentano il principale strumento attreverso il quale la Polizia di Stato apprende abiezioni e crudeltà sempre nuove e più sofisticate adottate dai mercanti di uomini.
Si è così appreso che i migranti, tra i quali 56 minori e 60 donne, sono, stavolta, partiti dall’Egitto e non dalla Libia, a fronte del pagamento di 2000 dollari, cadauno, che sono stati “stipati” in numero di 440 unità su una imbarcazione che ne avrebbe potuto ospitare, al massimo, una trentina, che parecchi sono stati percossi durante il tragitto e che molti dei 432, donne e bambini compresi, sono stati costretti sotto coperta con il portellone chiuso e che tale crudeltà, sarebbe, addirittura divenuta per gli scafisti ulteriore business: gli adulti, parenti delle donne e dei bambini rinchiusi, infatti, pur di consentire ai congiunti di uscire dalla “pancia” dell’imbarcazione, in corso di traversata, avrebbero pagato un ulteriore, cospicuo obolo ai “padroni” della nave.
Tra le audizioni della Squadra Mobile anche quella di parecchi passeggeri / migranti, professionisti in patria, tra i quali ingegneri e marittimi; tali cittadini, ben conoscendo la materia ed i principi della navigazione, durante le fasi della partenza da Alessandria d’Egitto, hanno intuito come, mai, una imbarcazione fatiscente e dal volume così ridotto avrebbe potuto resistere al peso di centinaia di individui; si sono quindi fatti promotori di una vivace protesta nei confronti di chi gestiva il natante che è sfociata in una sorta di rivolta collettiva di tutti i passeggeri; gli scafisti egiziani sono stati così costretti ad accogliere parzialmente le richieste dei passeggeri, evitando di trasbordare un ulteriore carico composto da un centinaio di migranti, scelta che ha “ridotto” a 432 il numero delle persone trasportate in mare, dalle iniziali 550, circa, previste; tale circostanza ha, forse, evitato che il trasbordo sfociasse in sicura tragedia.