Affermazione netta su Toti Zuccaro, confermando l'esito del primo turno
MONREALE, 25 maggio - Il boato finale esplose alle 18,05 di quel 22 giugno 2009. A quell'ora un "olè" da stadio trasformò piazza Canale in una specie di curva nord, accogliendo l'arrivo di Filippo di Matteo al suo comitato elettorale, ubicato lì accanto.
Strette di mano, pacche sulle spalle, baci, abbracci e scene di tripudio di centinaia di sostenitori imperversarono per il resto della serata, paralizzando, tra l'altro, il traffico veicolare della zona. Subito dopo, la stretta di mano cavalleresca e l'abbraccio con lo sconfitto Toti Zuccaro furono salutati da un lungo e fragoroso applauso.
Per arrivare al compimento di quelle scene di giubilo era bastato un rapido giro per le sezioni elettorali, per capire che il sindaco di Monreale dei successivi cinque anni sarebbe stato Filippo Di Matteo. Sin dalla lettura delle prime schede, infatti, era evidente che il candidato del Pdl «viaggiava» con uno scarto cospicuo su Toti Zuccaro (Pd), sufficiente a mettere in ghiaccio la vittoria. Ed alla fine il risultato parlava chiaro: 7.957 voti Di Matteo (57,4%), 5.893 Zuccaro (42,6%).
Cinquantacinque anni, avvocato, sposato, padre di due figli, Filippo Di Matteo, successe così a Toti Gullo, che si era affermato alle amministrative del 2004 e che non aveva superato lo scoglio del primo turno alle amministrative cinque anni dopo.
Che la bilancia pendesse decisamente dalla parte di Di Matteo lo si era capito, per la verità, quando le sue liste avevano ricevuto il sostegno dell'Udc, che dopo aver presentato al primo turno Giuseppe Mortillaro, (in grado di raccogliere circa 3.500 voti), aveva deciso di confluire nello schieramento del candidato del Pdl, dando vita ad una linea già collaudata anche a livello provinciale e regionale.
Con Di Matteo andò anche «Alleanza di Centro» del candidato Antonino Cangemi, eliminato al primo turno. A Toti Zuccaro, 32enne, libero professionista, consigliere provinciale del Pd, evidentemente, non bastò stringere un accordo politico con la lista «Insieme», che al primo turno aveva sostenuto la candidatura dell'uscente Gullo. Né, tantomeno, il supporto dell'Mpa, (per cui si era «scomodato» pure il presidente della Regione pro tempore, Raffaele Lombardo), che invece al primo turno si era schierato dalla parte di Di Matteo.
A sostegno di Zuccaro si erano presentati pure quella fetta del Pdl vicina a Gianfranco Miccichè (tant'è che nella lista degli assessori designati c'era pure il deputato regionale Franco Mineo) ed in zona «Cesarini» anche l'elettorato di Mariella Petrotta, anch'essa concorrente del primo turno. Alla fine, però, il divario netto che si era registrato al primo turno, mantenne grosso modo le stesse proporzioni, anche dopo il dato finale del ballottaggio. Come dato di cronaca, andava registrato, tuttavia, che l'altro vincitore, oltre a Di Matteo, al secondo turno di ballottaggio, fu certamente l'astensionismo. Impossibile dire come sarebbe andata in caso di affluenza massiccia alle urne. Quel che è certo, invece, è che ad esprimere il proprio consenso andò soltanto il 46,4 per cento degli elettori. Soltanto 14.323 monrealesi scelsero di recarsi ai seggi.
Quel giorno, dunque, cominciò l'era Di Matteo, andata avanti fino al giugno di cinque anni dopo, quando in Sala Rossa fece il suo ingresso Piero Capizzi.
(segue).