Io, sindaco di Monreale quel giorno di Nassiriya

Riceviamo e pubblichiamo...

Salvino Caputo ricostruisce quel drammatico 12 novembre 2003

Ricordo ogni giorno di quei nove anni di sindaco della nostra amata Monreale. Ognuno diverso per eventi, storia vicende pubbliche e private. Quello di 10 anni fa resta indelebile e riporta ricordi drammatici e allo stesso tempo patriottici e orgogliosi.

Ero, come sempre, fuori di casa, per le mie abitudini mattiniere ed ero intento a seguire una importante opera pubblica che si stava realizzando. A risolvere problemi con funzionari della Soprintendenza e del Genio Civile e con le consuete richieste economiche dell'impresa appaltatrice dei lavori. Mi attendeva una Giunta mattutina. Mi raggiunge una macchina della Polizia municipale e si avvicina il Comandante, con aria marziale e senza il suo consueto sorriso "istituzionale" .

Da militare mi informa che a seguito di un atto terroristico erano morti decine di carabinieri e militari dell'Esercito e tra essi il nostro concittadino Domenico Intravaia. E che l'Arma territoriale dei carabinieri non riusciva a contattarmi. Telefono al comandante del Gruppo che mi conferma la notizia. È la morte di Mimmo Intravaia, mio amico di infanzia. Mi reco subito a casa dei familiari, sbagliando indirizzi per la concitazione del momento e per il susseguirsi di telefonate di sindaci che chiedevano conferma e di televisioni e giornali nazionali che chiedevano al sindaco di Monreale una dichiarazione.

La residenza della famiglia del carabiniere Intravaia e' in una zona periferica di campagna. Un gruppo di abitazioni in uso a diversi familiari. Il lungo corridoio di accesso era un via vai di autorità militari, parenti e semplici cittadini. Una folla numerosa ma stranamente silenziosa e ordinata. I militari dell'Arma, in servizio davanti il cancello, con cortesia e determinazione contenevano l'enorme flusso di cameramen e giornalisti.

Con estremo disagio entro a casa Intravaia. Piu' da amico di Mimmo, compagno di giochi e di partite di pallone, che da sindaco di Monreale. Mi accompagna un ufficiale dei carabinieri in servizio a Monreale. Anche lui come tutti i militari dell'Arma con lo sguardo affranto dal dolore, come solo i carabinieri sanno provare, In silenzio, in divisa, senza lacrime. Non mi colpisce l'enorme dolore dei familiari. Quello era giusto, trattandosi di una famiglia molto unita. Mi ha colpito la compostezza e la dignita' di quella famiglia.

La giovane moglie diventata improvvisamente vedova e padre, oltre che madre. I piccoli Marco e Alessia, con lo sguardo di coloro che hanno la consapevolezza di essere diventati improvvisamente uomo e donna, figli di Domenico Intravaia. La anziana madre affranta, mi ha fatto ricordare una frase di un anonimo poeta greco. "In tempo di pace i figli seppelliscono i genitori. In tempi di guerra i genitori seppelliscono i figli". Attorno a loro la rassicurante presenza dell'Arma dei carabinieri. Una grande famiglia che aveva gia' "adottato" la giovane moglie e i figli di Intravaia. Di uno di loro, caduto vittima e in adempimento del dovere di militare partito per la pace in un teatro di guerra. E una giovane e " incauta " giornalista che chiede a un familiare una foto del Brigadiere Intravaia.

Ricordo poi nei giorni a seguire, la camera ardente presso l'Altare della Patria a Roma. E quando la sera, prima della partenza per la Capitale, dentro l'aeroporto Falcone e Borsellino, da genitore faccio in tempo a comprare due panini per Marco e Alessia, per il viaggio. Incancellabile il ricordo del dolore dei familiari dei Caduti davanti le bare. Qualcuno diceva che hanno ricomposto i resti dei militari con pietosa incertezza. Poi la cerimonia solenne nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura.

Migliaia di persone dentro e fuori la Chiesa. Lo Stato presente ai massimi livelli istituzionali. In rappresentanza di un popolo che attorno a quella strage aveva riscoperto i valori dell'orgoglio e della unità nazionale di fronte al terrorismo internazionale. Ecco! La sensazione che moltissimi di noi hanno provato. Respirando dentro la Chiesa due sentimenti: il dolore dei familiari e l'orgoglio di essere Italiani, grati alle Forze Armate e ai carabinieri d'Italia.

E io fiero e orgoglioso di avere conosciuto e diviso momenti felici con un Eroe d'Italia e con il migliore dei figli della nostra Monreale. Ancora oggi, ogni anno, ogni 12 novembre dentro di me, canto l'Inno Nazionale. Un Abbraccio alla moglie e ai figli di Domenico Intravaia. E un grazie all'Arma dei carabinieri.