Un altro monrealese illustre, passato alla storia di questa città
MONREALE, 6 dicembre – Il filosofo Vincenzo Miceli fu autore di diverse opere che lo contraddistinsero fra i suoi contemporanei. Nacque a Monreale nel 1734 e fu suo maestro Alberto Greco Carlino, fondatore del collegio di Maria.
A 19 anni, entrò in seminario e ricevette gli ordini sacri dall'arcivescovo Francesco Testa che lo invitò a vivere, insieme ad altri studiosi, nel palazzo arcivescovile. Erano anni in cui Monreale era soprannominata l'Atene di Sicilia, fulcro di fermenti culturali e filosofici che gravitavano intorno al seminario. Si spense a soli 46 anni e le sue spoglie mortali furono tumulate nella chiesa della Santissima Trinità del Collegio di Maria, dove si trovano ancora oggi.
La fama di Miceli si deve all'opera alla quale cominciò a lavorare a soli 25 anni: "Saggio istorico di un sistema metafisico". Con la sua elaborazione teoretica, il giovane filosofo avrebbe voluto fornire una base per tutte le scienze, ma la sua visione tendeva a scivolare verso il panteismo, il che gli procurò non poche ostilità, proprio all'interno del seminario. Miceli ambiva a creare un'ortodossia mistica, del tutto estranea al secolo dei Lumi.
Fra i suoi più fieri oppositori vi fu il camaldolese Isidoro Bianchi, giunto a Monreale nel 1770. Fra Miceli e Bianchi si consumò uno scontro fra due antitetiche concezioni teoretiche. Miceli si opponeva ad ogni forma di empirismo ed era accusato di Spinozismo. Entrambi erano protetti dall'arcivescovo Testa e contribuirono ad animare la temperie culturale monrealese.
Dopo la morte dell'arcivescovo Torres, nel 1773, Miceli rimase in carica al seminario, per smentire quei nemici che accusavano la sua filosofia di essere pericolosa per la morale e la religione e pubblicò, nel 1776, un compendio di diritto naturale. Le sue teorie, però, fuori da Monreale, non ebbero successo e i "Romanzi filosofici circa l'origini di lu munnu", del poeta Giovanni Meli, misero in ridicolo il sistema miceliano. Nel 1824, Scinà scrive che Miceli voleva arrivare a dimostrare la necessità dell'esistenza della religione rivelata, argomentando come il sapere umano sia incerto e le maggiori questioni metafisiche non possano risolversi con la filosofia moderna.