Ieri sera la "Calata dei Veli"

di Maria Modica - 16 Giugno 2012 Cronaca varia

Effettuata secondo l'antico rito codificato da monsignor Venero

MONREALE, 16 giugno – La Calata dei Veli ha aperto ieri sera le manifestazioni collaterali in programma per il XXI Cammino delle Confraternite delle Diocesi d'Italia.

In una Collegiata gremita, il rettore del Santuario don Giuseppe Salamone ha proposto, per la prima volta nei tempi moderni, l'antico rito della Calata, nella duplice modalità codificata da monsignor Venero: "de Modo discooperiendi Sanctum Christum" e "De modo cooperiendi Sanctissimum Crucifixum".

I veli, che per volontà del Venero tenevano occultato ai fedeli il Santissimo Simulacro, ad eccezione dei venerdì di Quaresima, sono stati prima sollevati per coprire l'immagine del Crocifisso, poi tirati giù a rivelarne la vista, a beneficio dei monrealesi e dei numerosi confrati già giunti a Monreale. "Abbiamo la possibilità – ha detto don Salamone – di apprezzare come i nostri padri pregavano ai piedi del Santissimo Crocifisso".

Sei i veli giunti a noi: il Commiato di Gesù dalla madre; la cattura di Gesù nell'Orto; il Cristo flagellato; l'Ecce Homo; il Cristo caricato della croce e aiutato dal Cireneo; l'ultimo, nero con la scritta al centro: "Expiravit". Nei testi del Venero si fa riferimento soltanto a cinque veli, il Commiato, già documentato dal Pitrè, è stato aggiunto in seguito.

Hanno accompagnato l'esecuzione del rito: il coro "Cum Iubilo", il primo tenore Vincenzo Biondo, il secondo tenore Francesco Parrino. All'organo Giovan Battista Vaglica, maestro concertista Giovanni Scalici.

Erano presenti fra il pubblico: l'arcivescovo monsignor Salvatore Di Cristina, il sindaco Filippo Di Matteo, il presidente della Confederazione delle Confraternite delle diocesi d'Italia Francesco Antonetti, il vicario generale monsignor Antonino Dolce, il vicesindaco Nazzareno Salamone, l'assessore alla Cultura Lia Giangreco e alla Legalità Marco Intravaia. Al termine del rito, i "fratelli" hanno fatto sentire la loro voce invocando in modo tradizionale il "Patruzzu amurusu".

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