''Si può levare tutto a un monrealese, ma non tutto questo''

Nessun festeggiamento per il secondo anno di fila, ma A festa ru me paisi non sarà mai un giorno qualunque: il contributo di una giovane ragazza monrealese

MONREALE, 2 maggio – L’alborata mi sveglia, colazione con caffè e cornetto, rigorosamente al bar Mirto Giovanni. I tamburinai di Aspra fanno il loro ingresso in paese e svegliano coloro che con l’alborata non sono riusciti a svegliarsi.

 Ben presto le bancarelle e i negozi monrealesi aprono. Ai tamburinai vi si aggiungono le bande, i gruppi folkloristici con i carretti siciliani. “Speriamo ca un chovi”, la solita frase che ripercuote nelle strade monrealesi da giorno uno fino a quando -nelle prime ore di giorno quattro- la processione non sarà conclusa.
Stessa storia, stesso posto, stesso bar come intonava il celebre Pezzali, “vediamoci al vintage al solito orario”. Le luminarie che mettono allegria. “Francesca torna presto a casa, mi raccomando non fare mattinate che poi ti svegli presto e ti lamenti che hai sonno” e tra una serata di troppo si arriva a giorno 3. Sveglia presto, doccia, colazione e subito in collegiata con papà e mamma. Pranzi veloci con gli amici per non perdere “a scinnuta ru signuri”, 10 rose cinque euro e petali da lanciare al Crocifisso quando passa sotto il proprio balcone. Tornare a casa, promettersi di fare un pisolino ma alla fine osservare il proprio padre vestirsi da fratello. Bianco e rosso, che incanto!

Inizia il corteo da San Castrense: i fratelli, le ruote che orneranno la vara, gli stendardi. Sta per iniziare la processione, le strade del paese sono così colme di cittadini e di turisti che quasi si fatica a camminare. Giochi d’artificio e campane in festa: il Crocifisso si sta incamminando per le vie di Monreale. Commozione, volo di colombe bianche, giochi d’artificio, stanchezza e preghiera. Durante la processione udiamo spesso le vuci, espressione dialettale appartenente al gergo dei fratelli, le quali sono delle invocazioni nate su iniziativa di un singolo fratello che -con la mano protesa verso il Crocifisso- attira l’attenzione dei confrati e della cittadina. “E che beddu stu crucifissu, fa li grazie sempri e spissu. Grazia Patruzzu Amurusu, Grazia!” Dopo un lungo percorso sono le prime ore del quattro maggio, il Crocifisso vuole tornare a casa. Una volta usciti tutti dalla Collegiata, si ha già nostalgia e si pensa subito alla festa che verrà il prossimo anno. Si può levare tutto a un monrealese, ma non tutto questo.