Tutta colpa di Fortier: quando la cultura suggerisce la coltura

Giusi Tagliavia e Davide Chifari

Tradizione e innovazione. A un anno dalla nascita dell’azienda, “Gli Ortolani” si raccontano

MONREALE, 25 luglio – Può un libro cambiare le sorti di un destino lavorativo? Lo abbiamo chiesto a “Gli Ortolani”, al secolo Giusi Tagliavia e Davide Chifari, coniugi monrealesi costretti a reinventarsi a causa del vile precariato e che, esattamente un anno fa, incoraggiati dai consigli di Jean-Martin Fortier – attraverso il libro Coltivare BIO con successo –  hanno dato vita ad una piccola azienda agricola nel terreno di famiglia in quel di Pezzingoli, mantenendo la tradizione contadina secolare che si registra, ancor’oggi, nelle campagne private e introducendo principi innovativi senza contaminarne i costumi.

“Questa è la maxi storia di come la mia vita è cambiata”: ricordate la sigla della sitcom statunitense Willy, il principe di Bel-Air? Bene, perché volendo fare una trasposizione, la medesima intro sarebbe valida per questa storia, del tutto reale, che nasce a pochi chilometri dal centro urbano normanno. Dunque, con un po’ di fantasia, immaginate di avere tra le mani un walkman, di indossare le cuffie e di premere il tasto “play”.

Non sempre la vita ci concede la possibilità di intraprendere una carriera lavorativa inerente al titolo di studio conseguito, nonostante gli anni passati sopra i libri, i diversi sacrifici e magari qualche frizione con i docenti: “Vattene a zappare”. Suvvia, almeno una volta nella vita lo abbiamo sentito pronunciare dalle labbra di qualche professore, quasi a screditare la figura professionale di un onesto contadino, come se lavorare i campi fosse una pena da girone dantesco. In quelle occasioni, rievocando le parole di un vecchio contadino e, ignorando l’educazione trasmessami fortemente dai miei genitori, rispondevo dicendo loro che “la scienza veni ri viddani”. Una tesi, questa, che si conferma anche in questa trama.

Lei biologa nutrizionista – esercitante la professione – e lui un tecnico, lontano dalla Sicilia, al tramonto di un’occupazione, con una vita da riprogettare prima che cali del tutto la sera. La svolta? Sembra assurdo, ma a stravolgere i piani della coppia monrealese è stata la lettura di un libro – Coltivare BIO con successo – dello scrittore e agricoltore canadese Jean-Martin Fortier, un vademecum per le piccole aziende agricole. “Abbiamo la materia prima” – dice Giusi a Davide – facendo riferimento ad un terreno argilloso di 5000 metri quadri in prossimità del fiume Lato, tramandato di generazione in generazione da parte materna, una dinastia di contadini.

Così, a gennaio 2019 i primi interventi per riqualificare l’appezzamento, varie programmazioni seguite da studi approfonditi, fino ad arrivare all’inaugurazione nel mese di luglio: “Abbiamo deciso di chiamare l’azienda ‘Gli Ortolani’ – affermano i coniugi – per conservare la tradizione contadina ereditata dai nostri avi”. Un capanno posto all’ingresso raccoglie i prodotti di stagione coltivati all’interno di cassette accatastate accuratamente ed è possibile percepire l’armonia della natura nonostante l’organizzazione delle superfici: un posto che sa di casa, più che di azienda. Ed è proprio per questo che “Gli Ortolani” concedono la possibilità al cliente di inoltrarsi all’interno del terreno e raccogliere autonomamente frutti e ortaggi, appunto per regalare loro l’illusione di sentirsi in casa propria. Certo, un contatto diretto che è venuto a mancare durante il periodo di lockdown, sostituito da quello telematico attraverso prenotazioni e consegne a domicilio, ma che in questa fase 3, comincia a manifestarsi nuovamente.

“Siamo alla ricerca del seme antico – ribadiscono i due – e la nostra attività si sviluppa attraverso l’agricoltura naturale e non biologica, dove è comunque consentito l’uso di pesticidi ed erbicidi. Per proteggere le nostre piante, infatti, ricaviamo soluzioni naturali dagli stessi prodotti che coltiviamo, producendo macerati repellenti attraverso le foglie del pomodoro, dall’aglio o dal peperoncino, accettando tuttavia i rischi che ne provengono”. Una piccola serra viene utilizzata per la seminazione e gli scarti vegetali costituiscono un ruolo importante per la pacciamatura naturale – ad alta biodegradabilità –, per difendere i semi dalle erbacce, tra le aree di terreno suddivise costrette tuttavia a cicli di rotazione. Due pozzi, un abbeveratoio e qualche animale per il concime. Esattamente a distanza di un anno, è così che si presenta la piccola azienda, là dove non si registra la presenza di alcun attrezzo meccanico, sostituito dalle braccia di un’intera famiglia, in un luogo che tanto ricorda le belle campagne dei nostri nonni.

“L’obiettivo, da nutrizionista – confessa l’ortolana – è quello di poter coinvolger piccoli studenti attraverso dei laboratori di orto-didattica all’interno della nostra azienda, non appena vi sarà possibile. Non conosciamo il futuro e non sappiamo come andrà, ma una cosa è certa: siamo felici. Questo lavoro ci permette di stare all’aria aperta, in mezzo alla natura e ci dà soddisfazioni. Dunque, se avete un obiettivo, provate a raggiungerlo e soprattutto cercate di farlo qui, prima di fuggire dalla Sicilia” conclude sorridendo. D’altronde, pare proprio inevitabile sorridere in questo giardino, perché al contrario dell’Eden, qui, cogliere un frutto, sentirne il profumo e gustarne il sapore, non è peccato.