Giacomo Leopardi vittima di un maledetto male genetico

Non era depresso, era affetto da malattia tubercolare ossea

“Nasce l’uomo a fatica, ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento per prima cosa; e in sul principio stesso, la madre e il genitore il prende a consolar dell’esser nato. Poi che crescendo viene, l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre con atti e parole si studia di fargli core, e consolarlo dell’umano stato. Ma perché dare al sole, perché reggere in vita chi poi di quella consolar convenga? Se la vita è sventura perché da noi sì dura? Intatta luna, tale è lo stato mortale ma tu mortale non sei, e forse del mio dire poco ti cale” dal XXXIII Canto Notturno di un Pastore Errante dell’Asia di Giacomo Leopardi.

Un canto disperato che spezza il mio cuore infranto di scrittore utopista che ha sempre amato Leopardi, ma ha preferito non commentarlo mai. Leopardi non era depresso, morì giovane per una malattia genetica. Erik Sganzerla, medico monzese, studiando le lettere e la produzione poetica di Leopardi ha formulato questa ipotesi scientifica: Leopardi era affetto da spondilite anchilopoietica giovanile, una malattia rara che insorge dopo i 16 anni. Giacomo Leopardi non era depresso, era affetto da malattia tubercolare ossea. Secondo il chirurgo monzese, i celebri sette anni di studio del nostro Poeta nazionale, trascorsi in maniera forsennata nella biblioteca paterna, contribuirono ad aggravare la deformazione del poeta. Nel Giugno del 1837, a soli 39 anni Giacomo Leopardi si accasciò per un arresto cardio-respiratorio ed abbandonò questa folle vita terrena. Ricordare il poeta, scrittore, filologo e glottologo di Recanati, è un dovere culturale nella nostra povera Italia alla frutta. Leopardi può ancora insegnare tanto ai giovani! Purtroppo, viene spesso snobbato da tanti docenti della scuola secondaria superiore. Per la prima volta, senza la paura di essere smentito, posso esclamare “Leopardi è stato l’Infinito”.

Nel mio libro “La Notte dei Pensieri” del 2015, ho affidato a Davide Parisi il dialogo con Giacomo Leopardi. Ad onore del vero, Davide mi ha emozionato per la sua estrema simbiosi con l’autore dello Zibaldone e centomila liriche. In ogni caso, la grande coerenza tra emozioni ed affinità elettive, la riscontro tutt’oggi in Davide e la sua professione di docente di Italiano: Ama dire ai suoi allievi che senza la conoscenza approfondita di Leopardi, saranno tutti ghepardi veloci ma senza prospettive nel tempo che verrà. Io sto in campana perché amando spudoratamente Voltaire, Proust e Sciascia resto un impenitente illuminista e socialista.
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