“Una ferita che non si rimarginerà mai, ma con mio padre ho un rapporto meraviglioso”

Parla Marco Intravaia nel giorno della commemorazione del padre, caduto a Nassiriya

MONREALE, 10 novembre – “Mio padre mi ha insegnato ad avere senso del dovere, senso dello Stato ed amore per l’Italia. Il mio rapporto con lui non si è mai interrotto, anzi è sempre meraviglioso. Me lo trovo accanto nei momenti belli e nei momenti brutti della mia vita”.

Parole di Marco Intravaia, figlio di Domenico, vittima del tritolo iracheno in quella che tutti conosciamo come la strage di Nassiriya, avvenuta il 12 novembre del 2003, nella quale morirono 19 nostri connazionali, in gran parte militari impegnati nella missione italiana di pace in Medio Oriente.
Tredici anni fa Marco era poco più che un ragazzino. In tanti ancora ricordano con tanta commozione le sue parole accorate in una cattedrale gremita alle esequie private del padre, vicebrigadiere dei carabinieri. Da allora acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Marco, nel frattempo, è stato assessore alla Polizia Municipale durante l’amministrazione Di Matteo. Adesso è capogruppo consiliare del Gruppo Misto. È diventato pure padre di un bimbo che si chiama Domenico e porta quindi il nome del suo papà.

In tredici anni, però, i valori ricevuti non si sono affatto affievoliti, anche se ogni anno quelle note del silenzio mettono addosso tanto magone. “Si riapre sempre una ferita che non si rimarginerà mai. – afferma Marco a Monreale News– anche se parlarne fa sicuramente bene. Serve a portare avanti la memoria, diversamente il sacrificio di mio padre e quello degli altri militari sarebbe vano. Ed invece anche in tanti paesini sperduti, dei quali sconoscevo l’esistenza, ci sono strade, piazze e scuole intitolate ai nostri connazionali uccisi. Di questo sono orgoglioso anche perchè mio padre era impegnato in una missione di pace che aveva portato in Iraq strade, scuole, acquedotti ed ospedali e questa cosa non era vista di buon occhio dai gruppi terroristici locali, che per questo decisero di colpire il contingente italiano, che operava in Iraq, nonostante i “warning” dei servizi segreti che sapevano già del tritolo arrivato a Nassiriya”.

Gli insegnamenti di Domenico Intravaia adesso stanno sulle spalle di Marco e di Alessia, ai quali è demandato il compito di tramandarne i valori. “Mio padre in questi valori credeva – dice ancora Marco – e li ha trasmessi a e me e a mia sorella. Ci ha insegnato cosa significa portare una divisa, che io non indosso ma che sento mia. E’ come se mi sentissi idealmente un carabiniere, anche se non mi sono arruolato: cerco di onorare la sua memoria con il mio impegno politico. Oggi con mio padre ho un rapporto bellissimo. Con lui condivido gioie e dolori e mi impegno perché possa trasmettere i suoi valori a mio figlio. Mi auguro di riuscirci, come lui c’è riuscito con me”.