Excursus sulla convenzione tra l'azienda trasporti ed il Comune
MONREALE, 4 aprile - Sorge spontanea la domanda tra gli studenti che giornalmente si servono del servizio bus per raggiungere le scuole di Palermo: “per quale ragione, a fronte del pagamento del biglietto che versiamo all'Amat, questa chiede ulteriore compenso al Comune di Monreale?”.
La risposta sta nelle carte risalenti a tanti anni fa e precisamente a quando nacque l'Azienda Municipalizzata Auto-Trasporti di via Roccazzo, e quando negli anni Ottanta era obbligatorio stipulare una convenzione tra l'Azienda ed i Comuni limitrofi per il proseguimento delle corse extraurbane.
Una sottoscrizione dettata dalla "fumosa" ripartizione degli utili di esercizio, oppure dalla necessità di ripartire l'eventuale deficit nei confronti dei due Comuni interessati, in base ai parametri stabiliti tra questi.
L'Amat, che ancora oggi è in passivo, chiude sempre l'esercizio con un deficit e così ogni anno chiede al Comune di Monreale di far fronte agli oneri calcolandoli in base al numero dei chilometri percorsi. Il Comune di Monreale avrebbe dovuto disconoscere la convenzione a suo tempo stipulata ma, evidentemente, ogni qualvolta questa è in scadenza, il sindaco in carica la rinnova tacitamente, obbligando il Comune a continuare ad onorare l'impegno.
La rottura della convenzione comporterebbe oggi l'interruzione del servizio e la soluzione sarebbe quella di utilizzare le autolinee extraurbane in transito, oppure una coincidenza alla "Rocca" tra servizi urbani di Palermo ed una eventuale coraggiosa istituzione di una nuova linea di servizio urbano gestito dal comune stesso.
La prima convenzione tra l'Amat ed il Comune risale al 1978 con scadenza fissata al 1983, il primo aut aut dell'Azienda al Comune, risale al marzo 1989 con relativa richiesta di versare nelle casse dell'AMAT 150 milioni delle vecchie lire, quale acconto, sulle svariate centinaia di milioni già accumulate.
Il momento critico tra la municipalizzata ed il Comune normanno risale al 2006, allorquando l'Azienda presentò un esorbitante conto spese di 5 milioni di euro, accumulati in 28 anni (1978-2006).
Ne seguì l'interruzione del servizio di un mese circa ed il Comune pagò una parte del debito ricorrendo alla "cassa depositi e prestiti" e riportando il debito stesso agli anni successivi.
L'AMAT chiede oggi 300 mila euro per evitare l'interruzione del servizio, ma ciò che manca è chiarezza sul dare ed avere.