Il pane di Monreale, un’eccellenza gastronomica del nostro territorio

Sempre viva la tradizione di un prodotto che non conosce crisi

MONREALE, 16 gennaio – “Pane, ti spezzan gli umili ogni giorno, lieti se già non manchi alla dispensa”. L’autore Francesco Pastonchi, negli anni lontani, sembra essersi fermato a Monreale, dove all’ombra del Duomo e del complesso millenario di re Guglielmo II, si discute del futuro della città –monumentale, ripatendo dal suo “magnifico pane”.

Scura, ben cotta, “mollicosa”, tonda, capace di durare senza farsi snobbare da una rosetta bianca, la vastedda è regina sulle tavole dei monrealesi e di tanti palermitani e visitatori. Si fa la fila per aspettare l’infornata. Ognuno sceglie il suo panificatore. Tutti d’altronde sono fedeli alla tradizione, quartini, focacce o filoni vogliono il lievito crescente e il forno di pietra. Ma anche pazienza, tempo. “L’impasto del pane bianco di città è molto più veloce –spiegano i fornai di Monreale. Per la vastedda ci vogliono tre ore e mezza di preparazione. Al rito non sfugge la temperatura: la “camiata”, così si chiama in dialetto, deve essere quella giusta”. Ci vogliono 300 gradi per ottenere la crosta bruna che rende il pane di Monreale unico nel suo genere. Ma per rendere più ampia la richiesta nei gusti di oggi la città normanna è obbligata a rispondere alle nuove esigenze di una clientela che del pane ne fa anche una virtù. Ecco venire fuori la specializzazione ampliata alle altre culture del pane.

A volte, preso alcune rivendite, si trova sul banco anche pane di altro genere: la baguette francese che contiene farina di fave. Il Russello con lievito madre, il pane di frumento con farina macinato a Pietra Antico grano siciliano da agricoltura biologica. E poi le brioches con olio di semi di girasole senza grassi . Disponibili la rosetta, il carciofo, la lingua di gatto, il panino rotondo, il tagliato rimacinato. Presente anche il ciabattino, lo sfilatino, il semprefresco. Un banco ricco con la presenza dei grissini, dello sfincione, i buccellati, la cassata al forno, le genovesi i te-tu e i taralli.

Ed ecco pure il biscotto di Monreale, che deve la sua origine all’opera delle monache benedettine del monastero di San Castrense di Monreale che nel XI secolo ne sperimentarono la produzione. La cultura del pane attende dai commercianti una importante intesa per mettere in calendario una “Sagra del Pane” e la più sofisticata e pronta spedizione in ogni angolo di terra del pane di Monreale.