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Domani ricorre l’826° anniversario della morte di Guglielmo II: un’occasione ulteriore per parlare della “sua” Cattedrale

Pubblichiamo oggi la prima di due “puntate” di un focus sulla basilica

MONREALE, 17 novembre – E’ diffuso e condiviso convincimento affermare, senza incertezza alcuna, che la Cattedrale di Monreale, “chiesa fra le più importanti del medio medioevo”, conosciuta nel mondo per l’eccezionale valore storico – artistico - religioso, conserva in sé, un mosaico d’emozioni “visive e tattili”.

Il visitatore, varcata la soglia d’ingresso, si trova immerso in uno scenario eccezionale, prodotto dall’armonia insita nell’architettura chiesastica unita alla straordinaria bellezza delle immagini musive che ricoprono per intero le pareti della basilica.

Ricordi che restano indelebili per sempre oltre il tempo e la memoria nell’animo e nello spirito per le emozioni provate.

La sensazione è di rimanere coinvolti dal linguaggio universale della bellezza, dell’unicità e della diversità composita combinata da quel dolce e silente sentire che la bellezza del Duomo sprigiona unitamente agli aspetti della Fede che avvicinano lo spirito umano al trascendentale.

La basilica di Guglielmo, pertanto è la sintesi “ideale, religiosa, spirituale, politica”, il meglio di quanto è stato compiuto da Guglielmo II nell’ultimo quarto del secolo XII in Sicilia. Una fondazione regia, che non trova eguale in nessun’altra parte d’Europa: imponente, maestosa, solenne, magnificamente superba all’esterno, costruita di sana pianta su un luogo privilegiato, unico, ritenuto idoneo ad accogliere la basilica, con l’intento di glorificare il Creatore, il Cristo, il Messia Risorto, e ricordare nei secoli Guglielmo.

Si tratta di un progetto salvifico, portato a termine sotto gli auspici di una buona stella e la protezione della Vergine Maria, com’era in uso, utilizzando le “tecniche e la scienza del tempo”, questo alla luce del “sole e della conoscenza”, guidati dalla Fede, in Dio Unico e Trino, quale affermazione del “Sacro potere regale di Guglielmo”.

Eretta sopra un adeguato piano fondale, fu costruita con solide basi e materiali lapidei consoni, secondo tecniche costruttive antiche, in parte rivedute aumentando probabilmente le masse murarie in riferimento all’altezza e alla grandezza della costruzione ed alla luce dei frequenti terremoti che fecero tremare da un capo all’altro l’isola.

Un’opera unica ed eccezionale, che ha del “miracoloso, dello straordinario”, per i tempi di realizzazione, le energie profuse, le risorse umane e le ingenti somme di denaro impiegate alle quali si dovette ricorrere per la costruzione, “fondi della Corona e sostanze personali dello stesso Guglielmo”; per la capacità di avere elaborato un triplice programma: “scenografico – ambientale”; “strutturale - stilistico architettonico – scultorio”; - “musivo, teologico – iconografico – estetico”, d’ampio respiro e completo, con una visione d’insieme che suscita oggi come nel passato un grande interesse, ammirazione, stupore finanche smarrimento e commozione.

Una Chiesa regale, costruita a testimonianza del messaggio, operato dall’Altissimo.

All'interno è un susseguirsi di pagine d’avvenimenti storici riportanti immagini, scene, personaggi, ambienti all’aperto, figure di santi e angeli, piante, animali, decorazioni, poste su tutte le pareti del sacro tempio; un connubio d’arte, culture, tradizioni, felicemente combinate e che interpretano, senza distorsione alcuna, gli aspetti della Fede Cristiana, il messaggio Cristologico, la cultura, la storia della Chiesa del tempo.

Una chiesa cattedrale adeguatamente connessa all’abbazia benedettina, con un fulcro centrale costituito da un grande chiostro quadrangolare. Il monastero governato da un abate, a capo di un consistente numero di monaci, “devoti e fedeli al sovrano”, giunti a Monreale dalla Campania, che prese cura dell’Opera di Guglielmo, in quanto portatori del “Messaggio”, di Pace che il re si apprestava a compiere.

L’insieme che da forma al complesso abbaziale forma un’opera organica inscindibile, “chiesa, monastero – chiostro”, un tutt’uno e l’uno vive in funzione dell’altro. L’interesse che suscita conduce ad emozioni intimamente legate alla sfera dello Spirito umano, oltre la ragione stessa, qualcosa che si sente, si respira nell’aria sia quando si rimane dentro il Duomo, sia nel chiostro.

Qui l'arte si traduce in sintesi, armonia, bellezza, contemplazione. L’utilizzo dell’arco a sesto acuto di duplice origine, “islamica e nordica” nel duomo, l’inserimento dell’arco trionfale che annuncia il transetto non sono altro che il segno della compiutezza raggiunta. Come pure l’utilizzo delle colonne di altezze diverse, degli splendidi capitelli che sembrano appena scolpiti, “elementi appartenuti a templi non cristiani”.

Un puro concentrato d’arte, di capacità tecniche, che assurge a pura forma di “poesia”, tanto è l’equilibrio reso, l’armonia ricercata, il rapporto che intercorre fra pieni e vuoti, il passare della luce naturale che penetra dalle finestre all’interno della chiesa.

Ma ad ogni modo la sequenza della narrazione del dettato teologico, il filo conduttore dello svolgersi della storia Sacra Cristiana, reso vivo e vitale dal vigore della forma, dai colori, dalla disposizione e dall’accostamento delle tessere musive, dall’equilibrio riportato dalle raffigurazioni dall’utilizzo dello uno sfondo dorato leggermente puntellato dei mosaici, una forma d’arte antica, che diventa tramite, espressione del pensiero teologico, che si traduce in bellezza e annuncio.

Messaggio, ampiamente presente in tutta la sua spettacolare e singolare bellezza nelle formelle di un altrettanto importante capolavoro, la porta bronzea, realizzata a Pisa dal maestro scultore e architetto Bonanno Pisano.

Il fatto più incredibile per i tempi è stato il risultato complessivo che si è ottenuto, ovvero il far “cooperare”, insieme maestranze appartenenti a culture, lingue, Credi, fedi e tradizioni diverse, il cui unico scopo era di portare a compimento la Chiesa regale, di Guglielmo II. L’avere gestito un ampio cantiere, vasto e articolato, suddiviso in aree di lavoro, in un sito inizialmente impervio e non facile da raggiungere agevolmente; qui era necessario avvalersi di animali trainanti carri, di bestie da soma, deputati a trasportare i materiali necessari alla costruzione del complesso abbaziale e della cattedrale.

Un cantiere che, intorno al 1174, ha dato corso alla costruzione di una fra le più grandi basiliche del tempo. Un’impresa portata a compimento, nonostante le varie difficoltà incontrate in ordine a fatti “politici avvenuti in quel periodo, di “ordine militare, e soprattutto religioso”. Una vera e propria azione di presa, gestione e mantenimento dei territori sotto l’aspetto strategico, oltre che economico, commerciale, proprio a dimostrazione del potere regale, della presenza dell’istituzione ecclesiastica di Guglielmo in un’area della Sicilia non di facile gestione.

Assume grande importanza il dettato “trascritto in immagini e rappresentazioni” lasciato ai posteri, avente carattere divulgativo e conoscitivo riportato dalle Sacre Scritture in immagine. Un messaggio d’ampio raggio, utilizzato come cassa di risonanza, della raggiunta forza di Guglielmo, un Avvenimento che anticipa a Principi e Sovrani, la grandezza, l’importanza del Regno di Sicilia nell’area Mediterranea.

Tutto questo per dettare un nuovo tempo: quello che, nonostante la comunanza e la generale pacificazione raggiunta, segnava la fine della dominazione Araba in Sicilia.

Era un monito alle etnie Arabe, di fede Musulmana, nate e cresciute nell’isola da diverse generazioni, e a tutto coloro che continuavano a fare resistenza e si opponevano alla Corona.

Una Cattedrale abbaziale innalzata per dimostrare ed affermare lo Status politico e religioso in contrapposizione alla pratica di fede mussulmana ancora presente in Sicilia, che per tanto tempo aveva relegato la Chiesa Bizantina in ambienti nascosti, lontani dalla zona.

Era così diventato un luogo simbolico per quella Cristianità da tempo costretta alla fuga.

Il Duomo Monrealese pertanto è il frutto, la volontà preordinata di fermare anche l’avanzare del potere della chiesa Romana nel Regno, testimonianza della stabilità e del potere esercitato dalla monarchia Normanna; una Chiesa sorta per glorificare nei secoli Dio e lo stesso re Guglielmo fondatore del Sacro Tempio.

Rimane alla base di tutto questo, l’aver predisposto anticipatamente un accurato progetto che si poneva l’obbiettivo di costruire il Tempio, e dimostrare che la struttura monarchica, regge su solide basi consolidate. Una cattedrale, affiancata ad un’abbazia di nuova fondazione, munita e sorretta da monaci, al vertice l’abate – vescovo, divenuto in seguito Arcivescovo, di una delle più vaste diocesi territoriali che ha reso la Chiesa Metropolitana di Monreale “eccelsa ed incontrastata” in Sicilia, nelle isole minori e oltre i domini e i possedimenti del Regno dell’Italia Meridionale.

Risorse fondamentali per la vita della Chiesa di Monreale erano le rendite ricavate dalle terre dell’arcivescovado, denari utilizzati per custodire, mantenere, reggere, curare e fare prosperare la Cattedrale ed il monastero. Una Cattedrale abbaziale concepita ed ispirata al principio assoluto della grandezza e della bellezza, della dignità regale, costruita con criteri e connotati che qualcuno direbbe ai giorni nostri, all’avanguardia, per le tecniche adoperate, i servizi connessi e annessi realizzati nella cittadella “santa”, fortificata in un arco temporale alquanto contenuto.

La Chiesa a croce latina a tre navate e tre absidi Romaniche recuperano nell’impostazione l’architettura bizantina ed islamica; suddivisa in spazi gerarchizzati, principiati ed illustrati da immagini musive, ove era dato ascoltare a pochi la parola di Dio, sentire e non vedere al di là della transenna di marmo che divideva l’area liturgica dalle navate, il respiro, le voci dei monaci, i canti, le preghiere, le suppliche, la voce del silenzio.

Una cattedrale che ha dato corso a percorsi – religiosi, umani, di fede, concepita per riscattare ed affermare la rinascita del Cristianesimo latino, nella quale si officiava il rito Bizantino. Una costruzione ideale che poneva fine a quanto era avvenuto nell’isola, con Guglielmo I, una chiesa rinnovata “autonoma, libera” sorta per consacrare Dio Padre, rivelatosi all’Umanità tramite il Cristo Redentore, un gioiello di fede e di arte d’incommensurabile bellezza, d’indiscusso valore spirituale, un concentrato di ricchezze consacrato sull’altare delle arti.

Un suggello, un diadema dedicato alla Vergine Madre di Dio protettrice dell’insigne, gloriosa Cattedrale, una chiesa nella quale la preghiera rivolta al Signore Dio, unisce e rimane viva senza dividere i Popoli.

Una Cattedrale, pensata come un’imponente nave di pietra, della “conoscenza” e della fede, con la prua posta ad Oriente, “arca di Alleanza tra il Padre Onnipotente, e i figli”, come un sostegno alla fede, ad un credere incondizionato in un Dio unico e Trino che si è rilevato all’uomo, nel frangente del cammino umano.

Un tempio innalzato a Dio, un modo tangibile per testimoniare la parola del Signore, le Sacre Scritture ed enunciare il mistero della fede, il desiderio di un re “giovane”, che si era illuso di potere diventare un giorno imperatore” di un regno grande e vasto rimasto in attesa del nascere di un figlio legittimo che non ci sarà mai.

(continua)