La difesa dell’ambiente di Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si’”

“Un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”

MONREALE, 26 ottobre – Recensire il papa? Una bella pretesa, specie se si considera che l’Autore non ha certo bisogno di presentazioni e meno che mai di propaganda.

Fu a un congresso sulla didattica della Chimica che mi fu chiara la necessità, per chiunque si occupi di educazione ambientale, di studiare questa enciclica che con linguaggio chiaro parla a tutti: credenti e non. La lettura, da subito, è avvincente. Già nel paragrafo 8, quando Francesco cita il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, chi abitualmente si occupa di educare gli adolescenti ai temi dell’ambiente fa un salto sulla sedia, perché finalmente si legge: “che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali, o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati. ” E aggiunge: “ un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”. Era ora! Perché occuparsi della comunione ai divorziati sarà anche importante per i credenti, ma difendere il pianeta dagli assalti e dai crimini di esseri scellerati è questione vitale per tutti!

E’ edificante, al paragrafo 13, l’appello personale del papa che parla di “unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”. E aggiunge: “Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo.”

Il primo capitolo, dedicato a inquinamento e cambiamenti climatici, è un’appassionata lezione d’amore verso il pianeta. Vi si affrontano i temi del riciclo, dello sviluppo sostenibile, dell’acidificazione del suolo e dell’acqua, dell’uso sconsiderato di fungicidi, pesticidi, diserbanti, fertilizzanti. Si parla di bio-accumulazione, di incapacità di riciclare la carta e altri prodotti. Si invita perentoriamente ad “adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, …, riutilizzare e riciclare”. Si parla di clima come bene comune, si analizza l’effetto serra di gas come l’anidride carbonica, metano, ossidi di azoto.

Francesco ci rimprovera per l’uso intensivo di combustibili fossili, per la deforestazione selvaggia, per la compromissione dell’acqua potabile e della biodiversità. Posto, infatti, che “l’accesso all’acqua potabile è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale” ed è quindi “condizione per l’esercizio di altri diritti”, il papa ci spiega chiaramente perché la perdita della biodiversità è un problema per tutti noi: “le diverse specie contengono geni che possono essere risorse chiave per rispondere in futuro a qualche necessità umana, o per risolvere qualche problema ambientale”.

Ma non finisce qui: il bello è quando Francesco ci richiama alla conservazione della Bellezza che (finalmente!) appare come un comandamento. Egli dice infatti che l’intervento umano sulla natura, spesso al servizio della finanza e del consumismo, “fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia, mentre contemporaneamente lo sviluppo della tecnologia e delle offerte di consumo continua ad avanzare senza limiti. In questo modo sembra che ci illudiamo di poter sostituire una bellezza irripetibile e non recuperabile con un’altra creata da noi.”

Il richiamo alla bellezza perduta mi pare fondamentale, perché troppo spesso, da parte della cultura ufficiale e “seriosa” di matrice cattolica si era fatto passare il messaggio della bellezza come frivolezza, come qualcosa di cui si può anche fare a meno. Millenni di arte e di poesia testimoniano che la bellezza è un bisogno connaturato con la specie umana e la perdita della bellezza della natura sarebbe un danno gravissimo e non riparabile per tutti noi. E’ musica per le orecchie sentire un papa che ci richiama all’importanza del plancton, delle spugne, delle alghe, anelli fondamentali della catena alimentare marina. Francesco afferma che è necessario investire molto di più nella ricerca, invita gli Stati a inventariare le specie che ospita, per averne cura e tributarvi affetto.

Ma l’accento è posto soprattutto sulla questione sociale, indissolubilmente legata all’equilibrio ambientale. Francesco sferza severamente gli squilibri sociali come causa di squilibri ambientali. Afferma che finché pochi ricchissimi continueranno ad arricchirsi sfruttando sconsideratamente le risorse del pianeta a scapito dei più poveri, non ci sarà soluzione ai problemi ambientali. E su questo non potremmo essere più d’accordo!

Il papa rimprovera l’esclusione sociale, la disuguaglianza nella disponibilità del consumo di energia e di altri servizi, la frammentazione sociale. Esecra i quartieri residenziali “ecologici” solo a disposizione di pochi, dove si fa in modo di evitare che altri entrino a disturbare la tranquillità di pochi. Lamenta la perdita di potenza e di autenticità della comunicazione affidata prevalentemente a internet. Egli afferma che tutti sappiamo che la maggior parte dell’umanità è costituita dagli esclusi, dai poveri, “ma sembra che i loro problemi si pongano come un’appendice, come una questione che si aggiunga quasi per obbligo o in maniera periferica.”

E ciò dipende dal fatto che “tanti professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere sono ubicati lontani da loro, in aree urbane isolate … Vivono e riflettono a partire dalla comodità di uno sviluppo e di una qualità di vita che non sono alla portata della maggior parte della popolazione mondiale.” Francesco usa l’espressione “cauterizzare la coscienza”: ecco cosa fa internet. Ma aggiunge: “Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre più un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri.” (Il corsivo è di papa Francesco!)

Al paragrafo 118 dice: “Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia.” Appassionato e sferzante è il paragrafo 90 nel quale Francesco afferma: “Non ci accorgiamo più che alcuni si trascinano in una miseria degradante …mentre altri ostentano con vanità una pretesa superiorità e lasciano dietro di sé un livello di spreco tale che sarebbe impossibile generalizzarlo senza distruggere il pianeta. Continuiamo nei fatti ad ammettere che alcuni si sentano più umani di altri, come se fossero nati con maggiori diritti.”

Abbiamo da imparare anche dai vescovi del Paraguay, citati da Francesco, i quali affermano che ogni contadino ha diritto di possedere un appezzamento di terra per sostentare se stesso e la sua famiglia e per esercitare questo diritto deve poter contare su formazione tecnica, prestiti, assicurazioni e accesso al mercato. Illuminante è anche l’osservazione dei vescovi della Nuova Zelanda che si sono chiesti che cosa vuol dire “non uccidere”, se “il 20% della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere”. Siamo tutti assassini e questo ci fa riflettere sulle nostre responsabilità. Francesco non fa sconti, anche se è il papa della misericordia.

L’enciclica va avanti con considerazioni di alta politica e di teologia e si conclude con la “Preghiera per la nostra terra” di grande bellezza. Tutti abbiamo molto da imparare dalla lettura di questa enciclica, ma soprattutto tutti coloro il cui lavoro consiste specificamente nell’educare le nuove generazioni alla coscienza ambientale. Imperdibile!