Roma, ancora oltraggiata la lapide che ricorda la strage di Nassiriya

Marco Intravaia: “Non è la prima volta, lo Stato ha deciso di dimenticarsene”

ROMA, 8 ottobre – Un gesto che non vorremmo mai vedere e che offende profondamente la storia e la memoria del nostro Paese. È stata ancora oltraggiata la targa per i caduti di Nassiriya: la lastra di marmo, denominata “La Foresta d’acciaio”, che si trova di fronte la basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, dove il 18 novembre furono celebrati i solenni funerali di Stato dei 19 caduti italiani della strage irachena. Fra questi , come è noto, il vicebrigadiere monrealese, Domenico Intravaia,

Dopo sei anni la targa è stata nuovamente sfregiata due giorni fa, a poche settimane dalla ricorrenza dell’attentato, avvenuto, come tanti ricorderanno, il 12 novembre 2003.
Il monumento è stato ritrovato in frantumi proprio di fronte a basilica. I frammenti della lapide sono stati raccolti dalla Sovrintendenza per metterli al sicuro in attesa della riparazione. Il classico sdegno “istituzionale” è stato espresso dall’assessore alla Cultura e allo Sport di Roma Capitale, Giovanna Marinelli, ma nessuno sembra voglia davvero evitare il ripetersi di un gesto gravissimo che oltraggia la memoria degli italiani morti quel 12 novembre di dodici anni fa.
Il primo atto vandalico che ha colpito “La Foresta d’acciaio” risale al 2009: due secchiate di vernice rossa oltraggiarono le due lastre di marmo. Secondo qualcuno lo sfregio avvenuto la scorsa notte, invece, può essere ricondotto a quei giovani che con lo skateboard utilizzano la lastra come trampolino.
"Esprimo rabbia, sconcerto e dolore per il vile atto,- dice Marco Intravaia, figlio di Domenico - Non è la prima volta che il monumento subisce atti vandalici, ma lo Stato ha deciso di dimenticarsene. Gli esecutori di tale gesto sono da considerare al pari dei terroristi.

Ogni anno – continua – qualche mese prima dell’anniversario, il 12 novembre, scrivo alle autorità, affinchè depongano almeno un fiore su quella targa che, soprattutto per noi familiari, ha un’indescrivibile importanza. Fino ad oggi, sono rimasti tutti sordi, spero che questo turpe gesto funga almeno da monito e salvi il monumento, e coloro cui è stato dedicato, dall’oblio. Anche se poca fiducia nutro nei confronti di politici indecenti e mediocri, privi di qualsiasi senso dello Stato, dediti solo a chiacchere e indegni di rappresentare quelle Istituzioni, per cui mio padre e i suoi commilitoni hanno perso la vita.

E’ ingiusto dice ancora Marco Intravaia - che sia un orfano ad implorare tutto ciò, e non sia lo Stato con i suoi alti rappresentanti ad occuparsene. Mio padre e i suoi colleghi hanno indossato con onore la divisa, hanno servito lo Stato fino all’estremo sacrificio, adesso quello stesso Stato che li ha inviati a morire in Iraq, ha il dovere di ricordarli. Ho scritto, ancora una volta, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, ai vertici del Senato e della Camera, al ministro della Difesa e al sindaco di Roma Capitale.

Mi aspetto  - conclude - di vederli tutti, il prossimo 12 novembre, davanti a questo monumento, con il capo chino a commemorare chi, meglio di loro, ha saputo servire la Patria”.