Le inchieste su monsignor Miccichè? Il frutto di testimonianze per compiacere gli ispiratori

Esce allo scoperto la difesa del presule con una dura nota

MONREALE, 16 luglio - Finora hanno parlato le indagini e soprattutto i media. La vicenda che ha coinvolto l'ex vescovo di Trapani, monsignor Francesco Miccichè, è stata un susseguirsi di sviluppi. Adesso la difesa dell'alto prelato esce allo scoperto con una nota ufficiale dai toni pesanti.

Monsignor Miccichè, va detto, è indagato per appropriazione indebita e malversazione di fondi pubblici. L'inchiesta è quella sui fondi dell'otto per mille, nata dalle dichiarazioni di don Sergio Librizzi, considerato figura importante delle cooperative diocesane arrestato per reati a sfondo sessuale. Interrogato sul punto, Librizzi ha declinato ogni responsabilità legata ai fondi dell'otto per mille destinati alle opere di carità. Non solo: Librizzi ha aggiunto che ad averne la diretta responsabilità era proprio l'allora vescovo Francesco Miccichè.

In questa vicenda la polizia giudiziaria del Corpo Forestale ha svolto delle perquisizioni culminate nel sequestro di "beni di valore storico artistico" che in questi giorni vengono valutati da due consulenti esterni: Mauro Sebastianelli e il sacerdote don Giuseppe Randazzo. Quadri, statue, crocifissi e perfino una fontana sono rientrati nell'elenco dei beni sequestrati mentre – nonostante qualcuno ne abbia scritto a gran voce – non c'è alcuna traccia di cassaforti. Piuttosto si tratterebbe di un piccolo tabernacolo.

"Le inchieste che hanno investito recentemente monsignor Francesco Miccichè, vescovo emerito di Trapani - scrivono in una nota diffusa alla stampa gli avvocati Francesco Troia e Mario Bernardo - finora si sono dimostrate il frutto delle testimonianze di soggetti più interessati a compiacere i propri interlocutori e/o i propri ispiratori, piuttosto che alla verità. Le carte investigative, rese già disponibili dalle dinamiche processuali, tradiscono il limite di una indagine basata su fonti compromesse da tensioni o problematiche personali, ovvero contagiate dalle malevole ed anonime voci che da anni, senza riscontro, pervadono il Trapanese.

Tanto sembrerebbe dimostrare che il mezzo secolo di servizio sacerdotale, in prima linea contro l’immoralità, la criminalità organizzata e le occulte concentrazioni di potere, è una scomoda eredità, un patrimonio che, secondo alcuni, deve essere disperso. Tuttavia, alla luce dei fatti - prosegue la nota - il vescovo risulta indagato solo per astratte ed indeterminate ipotesi di appropriazione dei fondi dell’otto per mille e di beni artistici che, peraltro, nessuno degli aventi diritto ha mai denunciato sottratti. Invero, le opere sequestrate, sottoposte al vaglio di tecnici esperti, sono risultate per la maggior parte di modestissima fattura, diverse sono le copie di pezzi conservati altrove ed addirittura sono stati riconosciuti dei falsi.

Quanto alle più recenti rivelazioni giornalistiche - dicono ancora gli avvocati - atteso che l’unica fonte attendibile sarebbe stata la Procura della Repubblica di Trapani che, viceversa, è chiamata per prima a rispettare e a far rispettare il segreto istruttorio, sono state tutte prontamente denunciate avanti alle rispettive autorità giudiziarie e si procederà alle conseguenti richieste di risarcimento del danno. Tale situazione ha comunque sollevato un problema che, come operatori del diritto, non possiamo ignorare, poiché abbiamo riscontrato che nel passato i propositi della Procura sono stati spesso percepiti anticipatamente dalla stampa. La impermeabilità degli uffici dei tribunali è garanzia di diritto e di civiltà giuridica, negarne il valore ed ignorarne il pericolo svilisce il lavoro di chi è chiamato a servire lo Stato e le sue leggi. Sicché, sarà iniziativa dei prossimi giorni procedere a segnalare e richiedere agli Uffici competenti di intervenire".