Ad un bambino diamo il pane, ma meglio regalargli un libro

Un profilo di Sarina Ingrassia tracciato da chi le è stato molto vicino

MONREALE, 24 gennaio - “Senta dottore, ma lei conosce un buon nutrizionista per un incontro con le mamme del quartiere? Sa è per aiutarle nell’educazione dei propri figli a una corretta alimentazione”.

A parlare era Sarina, solo tre mesi fa, rivolgendosi al medico della Samot, l’associazione che segue i malati terminali subito dopo una visita. Chissà cosa avrà pensato il dottore di fronte a quella donna minuta che a 91 anni, mentre la malattia le provocava dolori atroci, pianificava incontri e pensava al futuro della gente del quartiere. Ho assistito a questo episodio durante uno dei nostri incontri, per salutarla e “scambiare tante idee”, come sempre, anche quando stava male. Parlavamo dell’Italia, dell’Europa, dell’Africa, del mondo e delle sue ingiustizie, delle trasformazioni in corso, di cosa ci riserva il futuro.

Andare a trovare Sarina non era mai una visita di “cortesia”: lei dava sempre qualcosa. E per chi aveva avuto la fortuna di esserle amico, incontrarla era sempre un momento di grande arricchimento.
Io ho conosciuto Sarina trent’anni fa, in occasione di una festa dei bambini nel quartiere. La casa piena di tanta gente venuta da tutta la Sicilia, e naturalmente di bambini vocianti e mascherati con tanti palloncini sui quali erano scritti diversi messaggi, quello che mi colpi di più diceva “vogliamo più cultura”. Perché Sarina ce lo diceva sempre, meglio regalare a un bambino un libro che il pane. Da quel momento, era il 1985, Sarina per me è stata un punto di riferimento continuo, una maestra di vita, oltre che una vera grande amica.

Nella seconda metà degli anni ottanta, quando tanti di noi “giovani” monrealesi (beh un tempo lo fummo anche noi, giovani, al contrario di Sarina che lo è stata sempre…) tentarono di fare sentire la propria voce in città senza necessariamente passare dai partiti, Sarina era lì con noi a sostenerci. Nacque il Coordinamento Giovanile, poi divenuto Coordinamento Cittadino. Ogni settimana immancabilmente ci riunivamo a casa di Sarina. Quella casa era aperta la mattina per le donne del quartiere, il pomeriggio per il doposcuola ai bambini e la sera per discutere dei problemi della città. Perché per Sarina pensare agli ultimi non era solo aiutare chi aveva bisogno, ma cercare di impegnarsi per cambiare le cose, perché ci fossero meno ingiustizie, a Monreale come nel mondo. E guardava sempre con fiducia ai giovani, a noi e a quelli che vennero dopo, esortandoli a impegnarsi nella società, a non lasciarsi andare all’indifferenza e all’egoismo, a pensare a un futuro migliore.

Sarina stava a Monreale con la gente del quartiere, ma il suo sguardo era anche altrove, sul mondo. Così a piu’ di settant’anni è andata in Brasile, India, Filippine. A vedere come anche a quelle latitudini vivevano gli ultimi, per capire cosa c’era in comune tra i bambini delle favelas di Recife e quelli di "Balzi Callozzi".

Non andava mai in ferie Sarina, neanche quando è andata in pensione: “I poveri, i problemi, il disagio - spiegava - non è che vanno in vacanza”. Soltanto la malattia negli ulti tempi, diceva, le aveva fatto il regalo di capire cosa significava “essere in ferie”. In quest’ultimo periodo raccontava di essere riuscita a fermarsi per pensare, riflettere, prepararsi al “passaggio”, godere della compagnia dei tanti amici che sono andati a trovarla. “Sono ricca - diceva quasi a stento qualche giorno fa – sono ricca perché ho tanti amici intorno”.

Ma per non continuare con ricordi belli ma un po’ tristi, voglio raccontare un episodio divertente e poco conosciuto, che dà l’idea della forza di Sarina e della sua capacità di non fermarsi davanti a nessuno per parlare contro le ingiustizie. Una dozzina d’anni fa, Sarina, io ed un’altra decina di persone attive nel volontariato a Palermo, venimmo invitati a salire sul palco durante uno spettacolo a Palermo di Beppe Grillo (niente movimenti o stelle, allora, solo la sua forza comica). L’idea di Grillo era di mostrare nei suoi spettacoli il volto innocuo dei volontari italiani nel momento in cui i volontari erano assimilati a no global violento. Ci era stato detto di salire sul palco e fare da “scenografia” durante lo show. Il comico genovese, allora non ancora in politica, mentre ci accoglieva sul palco ci chiese se volevamo dire qualcosa. Nessuno di noi ebbe il coraggio di parlare davanti a più di mille persone… tranne Sarina. Lei non se lo fece dire due volte e cominciò a parlare contro le ingiustizie e a favore dell’impegno civico in Sicilia e in Italia. Dopo un minuto Beppe Grillo tentò di toglierle la parola, pensando probabilmente ai tempi dello spettacolo, ma Sarina, quasi spostandolo, continuo’ imperterrita brandendo il microfono che Grillo cercava di prenderle, per finire il suo discorso, raccogliendo poi una valanga di applausi da tutto il pubblico.

Anche questo era Sarina, una donna con una tempra e determinazione che non si fermava davanti a niente e nessuno.
Ma Sarina era anche, soprattutto, una persona dolce e piena di affetto con i tanti amici, con i bambini, le mamme del quartiere. Sono tanti i momenti in cui l’ho vista abbracciare un bambino del quartiere, avere parole affettuose per le donne che venivano a chiedere di aiutarle con la spesa o con parole di conforto. “Vorrei andarmene regalando un ultimo sorriso” diceva negli ultimi giorni.

Ciao Sarina, grazie per tutto quello che ci hai dato e grazie per il tuo sorriso, il sorriso della vita che ci hai regalato.