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Estorsione tentata, ma non consumata: ridotta in appello la pena a Francesco Sorrentino

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

Per lui una condanna a 4 anni e 5 mesi

MONREALE, 11 luglio - Pena ridotta in appello per Francesco Sorrentino, monrealese, 50 anni, condannato in primo grado a sei anni ed otto mesi per estorsione. Nel giudizio di secondo grado la pena per aver tentato, ma non consumato il reato, è di quattro anni e cinque mesi.

La notizia la riporta stamattina il Giornale di Sicilia. Lo sconto concesso dal giudice di appello rispetto alla sentenza di primo grado pronunciata nel giugno dell'anno scorso, è da leggersi, così come sostenuto dalla difesa di Sorrentino, formata dagli avvocati Vincenzo Giambruno ed Angelo Brancato, proprio perchè l'estorsione sarebbe stata "solo" tentata ai danni dell'imprenditore edile Calogero Pisciotta, che si era costituito parte civile nel giudizio e che ha ottenuto una provvisionale come risarcimento.

Sorrentino l'8 aprile 2013 era stato raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'operazione "Nuovo Mandamento". In precedenza, invece, era stato arrestato perchè riconosciuto come estorsore.
L'inchiesta era stata condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Palermo, coordinata dal pubblico ministero Francesco Del Bene. Il Giudice per le Udienze Preliminari del Tribunale lo aveva ritenuto responsabile del reato di estorsione continuata in concorso ed aggravata dai metodi mafiosi e dall'appartenenza a "Cosa Nostra".

Sorrentino, il 15 maggio del 2010, , era stato già condannato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito dell'operazione "Perseo".
La vicenda attuale, invece, si fonda sugli sviluppi di un'inchiesta finalizzata ad individuare i responsabili di alcuni atti intimidatori subiti da una impresa edile impegnata nella realizzazione dei lavori di ristrutturazione del Circolo del Tennis di Palermo. In particolare nell'ottobre del 2011, il gestore dell'impresa edile impegnata in quei lavori dichiarava di non aver ricevuto, nè lui, nè i suoi soci, alcuna richiesta estorsiva ed aggiungeva che solo per dei lavori effettuati nel Comune di Monreale, in passato, aveva subito tali richieste estorsive.

I fatti che hanno portato alla condanna di a Sorrentino risalgono al biennio 2007-08, quando, dicono gli investigatori, in nome e per conto di "Cosa Nostra" e, nello specifico della famiglia mafiosa di "Monreale", avvicinò l'impresa Pisciotta alla quale era stata commissionata l'edificazione di una decina di villette proprio nel comune dell'hinterland palermitano.

Dinanzi al costruttore Sorrentino si lamentò significativamente del fatto che non soltanto i lavori di edificazione civile fossero stati commissionati a ditta non monrealese, ma che nessuna maestranza del luogo fosse stata interessata dai medesimi. Tale messaggio, emblematicamente mafioso e giunto a seguito del danneggiamento dell'escavatore di una ditta sub appaltatrice dei lavori, divenne ancor più diretto allorquando Sorrentino avrebbe chiesto all'imprenditore «10.000 euro quale regalo per i picciotti».
Del legame tra l'imprenditore estorto e "Cosa Nostra" tratta anche il contenuto di un pizzino ritrovato nel covo dei Lo Piccolo ed attribuito al boss Andrea Adamo (per Monreale- omissis-costruttore-sapere a chi da i soldi, o.k.).

La richiesta estorsiva fu parzialmente accolta dall'imprenditore che, in prima istanza affidò parte dei lavori ad una ditta monrealese e, qualche mese dopo, avrebbe versato poche migliaia di euro a Sorrentino. L'imprenditore che ha raccontato delle richieste estorsive ai poliziotti aveva riconosciuto la foto di Sorrentino, mostratagli dagli agenti, quale quella del suo estorsore.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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