Sentenza del Gup Castiglia, dopo il rito abbreviato
PALERMO, 15 marzo - Dura condanna per il monrealese Antonino Ciresi, 71 enne, che ieri dal Gup Giuliano Castiglia è stato condannato a sei anni di reclusione per aver tentato di imporre il pizzo al noto chef palermitano Natale Giunta. La condanna è avvenuta al termine di un processo celebrato col rito abbreviato.
Con Ciresi sono stati condannati pure Giuseppe Battaglia a quattro anni ed Alfredo Perricone a due anni ed otto mesi.
Accolta, quindi, la tesi del pm Caterina Malagoli, che (solo per Ciresi) oltre al tentativo di estorsione, ha aggiunto anche l'aggravante del favoreggiamento a Cosa Nostra. A proposito di questa vicenda, lo scorso anno erano state inflitte due condanne: una a Giovanni Rao (sette anni ed otto mesi), l'altra a Maurizio Lucchesi. Quelle sentenze, però, erano arrivate al termine di un processo ordinario, per il quale, pertanto, non è previsto lo sconto di pena. A Natale Giunta, inoltre, è stata riconosciuta una provvisionale immediatamente esecutiva di 25 mila euro (nell'altro processo era stata di 18 mila).
Ciresi in giudizio era assistito dagli avvocati Jimmy D'Azzò e Nino Rubino, che assieme ai legali degli altri imputati hanno preannunciato ricorso in appello. Era stato arrestato il 27 febbraio del 2013 dai carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo che avevano dato esecuzione a quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip presso il Tribunale di Palermo.
Le attività d'indagine, coordinate dal Procuratore Aggiunto, Leonardo Agueci e dai Sostituti Procuratori della DDA di Palermo Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, avevano avuto origine dalla denuncia di Natale Giunta, titolare di una società di ristorazione e catering.
Nel gennaio scorso, invece, a Ciresi era stato sequestrato un ingente patrimonio per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro, ai sensi della normativa antimafia, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo.
Tra i beni in sequestro figurano, oltre alla società di macellazione e vendita all'ingrosso di carni, anche 2 autovetture, 17 conti correnti, 5 rapporti di deposito titoli e obbligazioni, diverse polizze assicurative e gestioni collettive del risparmio, 2 cassette di sicurezza, anche questi ritenuti frutto o reimpiego di guadagni provenienti da attività illecite.