L'esplosivo doveva essere collocato in un tombino in via D'Acquisto
MONREALE,13 dicembre - L'allarme scattò al Circolo Italia, a due passi dal Duomo, a due passi, soprattutto, da dove vivevano i suoceri del procuratore Pietro Grasso. A pochi metri dallo storico sodalizio di piazza Vittorio Emanuele, sfruttando un tombino, doveva avvenire l'attentato all'attuale presidente del Senato.
Quella che per anni è stata più che altro una voce incontrollata, all'attenzione peraltro delle forze dell'ordine, adesso è diventata una notizia ricca di particolari, confermata dal pentito Giovanni Brusca, che al processo sulla trattativa tra Stato e mafia ha rivelato alcuni retroscena di quello che doveva essere un "colpetto", giusto per rimettere la trattativa nei "giusti" ambiti.
L'esplosivo doveva essere collocato in un tombino in via Benedetto D'Acquisto, vicinissimo all'agenzia del Banco di Sicilia. Nei pressi di dove vivevano i signori Fedele, genitori della moglie dell'ex Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, che oggi è la seconda carica dello Stato.
"Riina intorno a novembre del 1992 - ha affermato Brusca nel corso del processo che si sta celebrando a Milano - mi disse che dovevamo dare un altro colpetto per farli tornare e pensammo così di colpire Piero Grasso. Preparammo la chiave per aprire un tombino vicino casa della suocera di Grasso a Monreale - ha aggiunto -. Dovevamo metterci l'esplosivo. Eravamo arrivati a buon punto. Mi ero procurato il telecomando con i catanesi. Poi per un problema tecnico desistemmo e l'argomento si chiuse".