Droga, l'attività della criminalità comune si interseca con quella organizzata
Con la "Sola andata" e il "Nuovo Mandamento 2" un duro colpo ai traffici locali di droga
MONREALE, 15 novembre - Criminalità comune e criminalità organizzata spesso lavorano fianco al fianco, la prima con l'avallo della seconda, per concludere al meglio i traffici illeciti sul territorio.
Uno spaccato di questa realtà lo hanno tracciato stamattina i carabinieri di Monreale parlando delle operazioni "Solo Andata" e "Nuovo Mandamento 2". Con la prima, che ha portato a cinque provvedimenti di custodia in carcere e due di arresti domiciliari (i dettagli sono pubblicati in un articolo precedente) hanno assestato un colpo pesante ad un'organizzazione di spaccio, che aveva la sua roccaforte nella zona vicina all'università degli studi di Palermo e proprio con numerosi studenti o ex studenti dell'ateneo aveva ramificato una rete che arrivava in altre province siciliane, passando pure da Monreale e da Pioppo. L'operazione "Nuovo Mandamento 2", invece, ha segnato una sorta di "rivincita" della Procura della Repubblica di Palermo che aveva ricorso contro il rigetto parziale del Gip alla richiesta di ordinanza nei confronti di sei persone (oggetto del provvedimento odierno), già detenute perché tratte in arresto nel corso dell'operazione Nuovo Mandamento dell'8 aprile scorso.
OPERAZIONE "SOLO ANDATA"
Il nome, come ha spiegato il comandante della Compagnia di Monreale, capitano Paolo Del Giacomo, è legato alla strada statale Palermo-Sciacca, sulla quale numerosi sono stati gli arresti di corrieri di droga, che quindi, non facevano ritorno a casa, perchè finiti in manette.
Si tratta di un'azione che parte sul finire del 2011 (per concludersi quasi un anno dopo), condotta dall'ex comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia, tenente Giacomo Moschella, adesso passato a comandare la compagnia di Giarre. Un'azione che aveva visto l'arresto in flagranza di reato di spaccio 20 acquirenti di grosse partite di stupefacenti presumibilmente destinate allo spaccio in altre province siciliane, il deferimento in stato di libertà di 19 persone e la segnalazione di 16 alla Prefettura quali assuntori (la maggior parte dei quali acquirenti di piccole quantità di stupefacenti dagli spacciatori indagati).
Il quartier generale dello spaccio era la zona di via Monfenera e via Montegrapa a Palermo, dove i carabinieri hanno puntato la loro attenzione sull' "impresa familiare" Cottone (padre e figlio)-Accardi (rispettivamente nipote e cugino dei due Cottone), i cui appartenenti sono risultati essere tutti impegnati in una frenetica attività di spaccio con clienti provenienti in particolar modo dall'Agrigentino e dal Messinese e con una serie importante di contatti in tutta l'isola.
La "ditta" agevolata dal domicilio, estremamente vicino all'Università, aveva infatti fidelizzato una serie di clienti che, nonostante la fine della loro permanenza a Palermo con il termine degli studi, avevano abbandonato i libri ma non le "vecchie abitudini" , orientate a conservare gli stessi spacciatori di fiducia poiché ben noti per il rapporto qualità/prezzo del loro prodotto. La "professionalità" della ditta si manifestava nella volontà di soddisfare sempre e comunque il cliente, tanto che mai Ignazio Cottone, dai contatti registrati, ha negato a chi gli si rivolgeva una cessione di stupefacenti.
Non mancava il polo di spaccio monrealese, per la precisione di Aquino, gestito, come affermano i militari, da Carmelo Migliaccio, grossista capace di soddisfare le impellenti e sempre pressanti necessità dei palermitani per il loro vastissimo giro d'affari. I loro rapporti nascono dalla comune origine nello stesso quartiere ( anche Migliaccio è originario di via Monfenera nel quartiere S. Rosalia, sebbene avesse da tempo spostato il suo centro d'interessi e la sua stabile residenza a Monreale in via Aquino.).
Nel corso dell'operazione odierna peraltro sono giunti nuovi riscontri alle tesi investigative dalle perquisizioni eseguite contestualmente ai provvedimenti cautelari: infatti Giuseppe Agnello è stato tratto in arresto in flagranza del reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio perché, durante la perquisizione domiciliare operata presso la sua abitazione di Pioppo con l'ausilio di un'unità cinofila, i carabinieri di Pioppo hanno trovato 6 dosi di hashish per complessivi 3 ggrammi nascosti in un televisore portatile da 5 pollici. Inoltre Migliaccio e Accardi sono stati trovati in possesso di modiche quantità dello stesso stupefacente e per questo nuovamente deferiti.
OPERAZIONE "NUOVO MANDAMENTO 2"
Per i destinatari dei provvedimento di custodia cautelare di questa operazione le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla coltivazione e al traffico di sostanze stupefacenti, nonchè concorso nelle condotte illecite finalizzate alla produzione di cannabis indiana. L'indagine porta le firme dei procuratori aggiunti Maria Teresa Principato e Vittorio Teresi e dei sostituti Francesco Del Bene, Sergio Barbiera, Sergio Demontis e Daniele Paci. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla coltivazione e al traffico di sostanze stupefacenti, nonchè concorso nelle condotte illecite finalizzate alla produzione di cannabis indiana.
L'operazione "Nuovo Mandamento 2" (che il 17 settembre scorso aveva già consentito di trarre in arresto 8 tra vertici e gregari) è una costola dell'indagine di più ampia portata denominata convenzionalmente "Nuovo Mandamento" dell'8 aprile scorso, che ha documentato la riorganizzazione territoriale di Cosa nostra nella parte occidentale della provincia di Palermo (con la creazione di una nuova sovrastruttura di coordinamento, individuata nell'area di Camporeale, dei due storici mandamenti mafiosi di "San Giuseppe Jato" e "Partinico").
Con la "Nuovo Mandamento 2" era emersa chiaramente la volontà di Cosa Nostra di coltivare la canapa indiana, finalizzata alla produzione e al commercio di marijuana. Nel corso dell'attività investigativa, infatti, erano state individuate alcune piantagioni nell'entroterra della provincia di Palermo, specie nella valle del fiume Jato, con il contestuale arresto in flagranza di 3 persone che vi si dedicavano. Ma la indagini erano servite pure a scovare due luoghi di stoccaggio degli stupefacenti, pronti per essere immessi sul mercato locale, con l'arresto in flagranza di 8 custodi e il sequestro di circa 40 chili di marijuana già essiccata per circa 500 mila euro di valore.
Un'operazione che aveva portato alla denuncia a piede libero altre 13 persone, di cui 8 già detenute a seguito dell'operazione "Nuovo Mandamento" e nei confronti delle quali il Gip, pur evidenziando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non ha ritenuto esistenti le esigenze cautelari.
L'organizzazione aveva provveduto alla creazione di una piantagione di grandi dimensioni in contrada Argivocalotto di Monreale, composta da oltre 6000 piante ed alla cui realizzazione avevano partecipato i maggiori esponenti delle famiglie mafiose. Successivamente, a causa del timore che la piantagione potesse essere individuata, avevano provveduto allo spostamento delle piante che costituivano la coltivazione e alla loro collocazione in altre più piccole, di più difficile individuazione per le forze dell'ordine e di più facile gestione per l'organizzazione.
L'attività d'indagine, però ha consentito l'individuazione di due di queste piantagioni dalle dimensioni più contenute, una sequestrata il 4 agosto 2012, in località Tagliavia (riconducibile direttamente al gruppo Lo Voi -Mulè) ed una in contrada Monte Petroso, agro di Camporeale, di cui è stata documentata l'esistenza solo in un momento successivo alla sua distruzione (riconducibile al gruppo capeggiato da Antonino Sciortino). La prosecuzione delle investigazioni confermava l'unicità del disegno criminale dell'organizzazione e la riconducibilità ad essa della piantagione più grande di Argivocalotto. Infatti, il 26 settembre 2012 ed il 9 ottobre successivo, il Nucleo Investigativo di Monreale individuava due grossi quantitativi di stupefacente già stoccati e pronti per l'immissione sul mercato, custoditi in luoghi ritenuti sicuri e tutti riconducibili a personaggi di spicco della consorteria criminale: la masseria di Giuseppe Lo Voi e Salvatore Mulè, già indicata dagli indagati quale "sede centrale" del mandamento mafioso, ed un fabbricato rurale ubicato sempre in contrada Arcivocale, a poche centinaia di metri dall'azienda di Lo Voi e Mulè roccaforte dell'organizzazione criminale.
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