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Operazione "Urban Justice", due organizzazioni parallele controllavano lo spaccio di stupefacenti

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

Intervista VIDEO al Tenente Colonnello Pierluigi Solazzo

MONREALE, 23 aprile - Due bande parallele, due organizzazioni malavitose interconnesse, che operavano sul territorio, agendo spesso in stretta collaborazione. Il tutto per coprire capillarmente la "piazza" di Monreale nell'attività di spaccio di sostanze stupefacenti.

Questa la sintesi dell'operazione condotta oggi dai carabinieri della stazione di Monreale denominata convenzionalmente "Urban Justice", che ha portato all'emissione di 11 ordini di custodia cautelare (sei di detenzione in carcere e cinque arresti domiciliari). L'operazione è stata spiegata nei dettagli, nella caserma di via Biagio Giordano, dal comandante del Gruppo Carabinieri Monreale, Tenente Colonnello Pierluigi Solazzo, dal comandante della Compagnia di Monreale, Capitano Paolo Del Giacomo e dal comandante della Stazione Monreale, Maresciallo, Francesco Paolo Mineo.

Il provvedimento, che reca la firma del Gip Fernando Sestito, è il frutto di un'attività investigativa durata circa un anno, coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dal sostituto procuratore Alessandro Clemente. Le indagini si sono avvalse dei metodi tradizionali, fatti di appostamenti, pedinamenti, di numerose intercettazioni telefoniche, oltre che di qualche collaborazione confidenziale. Su quest'ultimo punto, però, la magistratura lamenta "l'impossibilità di penetrare il tessuto sociale, poco incline a collaborare"

L'azione è partita dalla necessità di far luce sui numerosi furti di appartamento o all'interno di esercizi commerciali, che avevano suscitato molto clamore nell'opinione pubblica monrealese. Da quello che è emerso, in pratica, i partecipanti a questa rete di spaccio avrebbero intrapreso l'attività illecita legata ai furti, inizialmente per pagarsi le dosi di stupefacenti, per poi passare allo step successivo, quello di gestire lo spaccio, con l'intento di controllare, come detto in precedenza, la "piazza" di Monreale, e quindi "allargarsi" pure a Palermo.

Sul territorio, pertanto, operavano due gruppi. Il primo, con a capo Claudio Alongi e Piero Cassarà, dedito allo spaccio di cocaina; il secondo, controllato e diretto da Giovanni Pupella (classe 90), più orientato allo spaccio di hashish e più efficace nel radicato controllo del territorio.

Il gruppo ALONGI -CASSARA'

Il gruppo si proponeva da subito l'impiego di collaboratori affidabili, sperimentati e, se del caso, congedati con licenziamento senza preavviso: vari sono stati infatti i soggetti monitorati che, impiegati saltuariamente e non ritenuti idonei dai due promotori, non sono quindi rientrati tra gli attuali indagati. Il loro sistema di rivendita al dettaglio riusciva a giovarsi dunque di figure ben "formate" e disponibili: i due cugini Adimino, il padre Cassarà Carlo, e Maria Leto alias Sofia, in grado di organizzare lo spaccio ininterrotto presso la sua abitazione. I luoghi preferiti da questo gruppo erano i vicoli della "Bavera" e la piazza Inghilleri. Un gruppo capace di soddisfare immediatamente le esigenze dell'acquirente, "on call" a qualsiasi ora diurna o notturna, di pretendere, con l'intimidazione, il saldo degli acquisti effettuati ma in certi casi disposto perfino a risarcire il prodotto se non ritenuto all'altezza delle aspettative dai clienti fidelizzati.

Il gruppo PUPELLA

Questo gruppo nasce e si organizza attorno al sorvegliato speciale Giovanni Pupella, in grado di trascinare e coordinare un'ampia schiera di collaboratori e fiancheggiatori, spesso anche anagraficamente più anziani, di condizionare i più renitenti, di intimidire chi oppone resistenza alle sue ambizioni egemoniche sul centro di Monreale, ma dotato anche dall'acume necessario per intravedere che la convivenza con l'altro gruppo fosse possibile quando non addirittura fruttuosa, condividendo spacciatori e controllo del territorio.

Pupella è leader, non si occupa direttamente dello spaccio, come fanno invece i promotori dell'altro gruppo, anche perché, sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non può rischiare l'arresto per violazione alle prescrizioni, e non ne ha bisogno grazie all'azione di coordinamento sui suoi pusher: il cugino omonimo Giovanni Pupella classe 92, incaricato di ricevere e controllare la merce dal fornitore palermitano Mauro Picarella e dal monrealese Cristian Madonia (già recentemente tratto in arresto per associazione a delinquere di stampo mafioso, Giuseppe La Corte incaricato del taglio e del confezionamento e poi Daniele Massaro che, insieme ai primi due, interveniva solo per la cessione definitiva agli acquirenti.

Importante, nel'indagine, anche il filone che riguarda alcuni minori, spesso clienti abituali disposti ad investire la "paghetta" in stupefacenti, ma anche collaboratori affidabili, piccole vedette pronte a proteggere le attività delle reti di spacciatori, magari con l'ambizione di farsi strada nel gruppo.

Numerosi, purtroppo, gli episodi di spaccio in prossimità delle scuole. In qualche caso l'acquirente, per ammortizzare le proprie spese, diveniva anche piccolo spacciatore, rivendendo a scuola parte di quanto acquistato poco fuori.

 
· Enzo Ganci · Editoriali

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