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Beni di mafia: le cosche si organizzano per occultarli

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

Il sindaco di Altofonte, Di Girolamo: "Gli uomini di Cosa Nostra non si danno per vinti e tentano di infiltrarsi"

MONREALE, 23 ottobre - L’operazione della Dda di Palermo, realizzata dal Gruppo carabinieri di Monreale, che ha portato all’arresto di quattro persone, accusate di intestazione fittizia di beni, ripropone il problema della facilità con cui è possibile eludere le leggi che regolano la partecipazione agli appalti pubblici da parte di soggetti cui mancano i requisiti per presentarsi alle gare ad evidenza pubblica e della difficoltà di avviare misure di prevenzione di carattere patrimoniale.

Un problema sul quale ha riflettuto ieri il procuratore generale di Palermo, Francesco Messineo, che ha osservato come fino a qualche anno fa Cosa Nostra partecipasse palesemente alle gare, mentre adesso si cela dietro alcuni prestanome.

«Nonostante gli arresti di pericolosi latitanti e le numerose confische –commenta Salvino Caputo, parlamentare regionale del Pdl e componente della Commissione regionale Antimafia – vi è una zona grigia di prestanomi in grado di assicurare alle imprese di mafia coperture economiche. Adesso è indispensabile che tutti i Comuni del comprensorio effettuino un monitoraggio per verificare se queste imprese hanno svolto lavori pubblici. Serve adesso una rigorosa verifica dell’albo delle imprese che in tempi brevissimi attui le procedure di esclusione o di cancellazione».

Sulla possibilità di eliminare la presenza di Cosa Nostra dagli appalti pubblici si fa poche illusioni il sindaco di Altofonte, Vincenzo Di Girolamo. «Che Cosa Nostra potesse tentare comunque di infiltrarsi negli appalti pubblici – afferma – chi vive in questa terra lo sa bene. Nessuno si era fatto illusioni, nessuno pensava di avere già vinto. L’importante, però è vigilare, non farsi intimidire e prestare sempre massima attenzione. L'amministrazione che guido ha da sempre messo la trasparenza al primo posto. Non abbiamo mai autorizzato alcun appalto o sub appalto alle imprese oggi finite sotto inchiesta e tutte le aziende che hanno avuto a che fare con l'amministrazione comunale hanno dovuto offrire le garanzie di legalità richieste dalla legge. A cominciare dalla certificazione antimafia.

Eppure - aggiunge - l'inchiesta di oggi dimostrerebbe che i mafiosi non si danno per vinti e tentano in ogni modo di infiltrarsi nell'economia. Cosa Nostra non è affatto sconfitta, anzi, se posso fare un paragone col mondo contadino, dico che è come la gramigna, che, anche se estirpata, torna sempre a crescere, costringendo i contadini a sradicarla nuovamente». 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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