Non ci fu bancarotta fraudolenta, per Calcedonio Di Giovanni arriva ancora un’assoluzione

È relativa al processo “Mantide”. Per i giudici “non ha commesso il fatto”

PALERMO, 21 luglio – Arriva un’altra assoluzione, la terza relativa all’accusa di bancarotta fraudolenta, la sesta se si considerano anche altri argomenti, per il noto imprenditore edile monrealese, Calcedonio Di Giovanni.

La quarta sezione penale collegiale del tribunale di Palermo, presieduta da Bruno Fasciana, infatti, lo ha assolto per “non aver commesso il fatto” nel processo che lo vedeva imputato nel cosiddetto processo “Mantide”, nel quale Di Giovanni, 84 anni, assistito dall’avvocato Emanuele Varrica, ha dovuto difendersi dall’accusa, mossagli dalla Procura della Repubblica, secondo la quale avrebbe sottratto o distrutto le scritture contabili per procurare un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori e anche per avere tenuto la contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio.

Per l’imprenditore monrealese, per il quale è diventata definitiva la confisca dei beni che gli erano stati sequestrati nel 2014 perché ritenuto “contiguo” alla mafia, si tratta – come detto – della terza assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta. Nel novembre del 2022, infatti, analogo provvedimento era stato emesso relativamente alla vicenda che riguardava il fallimento della società immobiliare “Il Cormorano”, avvenuta nel giugno del 2010. Sempre nel 2022, mese di maggio, Di Giovanni era stato assolto, invece, nel processo “Beton Sud”.

Di Giovanni si è sempre professato distante da Cosa Nostra e nel 2022, dopo otto anni di silenzio mediatico, aveva esposto la sua posizione con una lunga intervista a Monreale News (leggi qui), raccontando la sua storia ed i suoi “guai” giudiziari e finanziari, che avevano avuto inizio con i provvedimenti di sequestro preventivo emessi dalla sezione “Misure di Prevenzione" del tribunale di Palermo. Atti che ne hanno fortemente pregiudicato il patrimonio, sebbene non sia mai stato processato (quindi, tantomeno, condannato) per associazione mafiosa.
La partita relativa al suo patrimonio, però, potrebbe non essere chiusa, perché non è escluso che in autunno l’imprenditore possa chiedere la revocazione dei provvedimenti di confisca sulla base di alcune presunte incongruenze negli stessi contenute.