Avrebbero "rigenerato" le auto per poi rivenderle
PALERMO, 23 giugno - A fare da sentinelle per garantire la necessaria tranquillità ai loro congiunti, impegnati a "ripulire" le auto rubate da immettere nel mercato dell'usato sicuro erano alcune donne.
È uno dei retroscena dell'operazione condotta all'alba dalla Polizia di Palermo, che ha portato all'arresto di sei persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere, furto, riciclaggio e ricettazione di automezzi. I provvedimenti giudiziari sono stati firmati dal gip Luigi Petrucci su richiesta del pm Maurizio Agnello. In carcere sono finiti: Gaetano Castelluccio, 31 anni; Giovanni Castelluccio, 54 anni; D. F. P., 47 anni, ancora ricercato, e Pietro Di Lorenzo, 38 anni. Imposti, invece, gli arresti domiciliari a Gaetano Benfante, 45 anni, titolare di una autocarrozzeria che si occupava fra l'altro di riverniciare i mezzi, e Vincenzo Cavaliere, 45 anni, mentre la misura dell'obbligo di dimora nel Comune di residenza è stata applicata a Cristofaro Diolosà, 40 anni, e Salvatore Diolosà, 45 anni, entrambi di Adrano (CT).
Secondo gli investigatori a svolgere un ruolo di primo piano nell'organizzazione erano i Castelluccio ufficialmente fornai, che si occupavano di coordinare l'attività utilizzando un terreno in loro possesso in via Ponticello Oneto e usando veicoli "puliti" lasciati loro in conto vendita in quanto gestori di fatto di una rivendita di auto. L'indagine, scattata nel 2008, ha permesso così di fare luce su un ampio giro di riciclaggio di vetture, motocarri ed autocarri leggeri, prima rubati e poi "ripuliti" per essere immessi sul mercato dell'usato "sicuro".
A rubare i mezzi, solitamente all'alba, erano Giovanni Castelluccio e D. F., poi auto, motocarri e autocarri leggeri venivano sistemati all'interno di un capannone in via Ponticello Oneto, nel terreno nella disponibilità dei Castelluccio, protetto dalle anguste vie d'accesso e da un edificio abitato dai familiari di alcuni degli arrestati.
Una volta a sicuro nel capannone Gaetano Castelluccio provvedeva a smontare i mezzi, mentre Pietro Di Lorenzo sostituiva tutti gli elementi identificativi (targhe e numero di telaio) con quelli di un altro e identico veicolo da rottamare, regolarmente acquistato o preso in consegna per la demolizione. Quindi, dopo l'opera di autocarrozzeria e rifinitura da parte di Benfante, il mezzo veniva immesso nel mercato dell'usato. La carcassa del mezzo da rottamare, a cui erano stati sottratti gli elementi identificati veniva accartocciata e smaltita presso un centro raccolta metalli.