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Associazione mafiosa ed estorsioni, sette misure cautelari con l’operazione ‘Gioielli di famiglia’

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

L’azione congiunta è stata compiuta da carabinieri e Guardia di Finanza

PALERMO, 9 aprile - Nella mattinata odierna, nell’ambito di un’operazione congiunta, i militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, nonché del Gruppo Carabinieri di Palermo e del Comando Compagnia Carabinieri di Bagheria, anno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, emessa dal Gip presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica di Palermo - Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 7 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, dei delitti di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata, delitti contro la pubblica amministrazione e reiterate condotte di frode fiscale.

I provvedimenti sono scattati per Lorenzo D'Arpa, 58 anni, Paolo Dragna, 64 anni, Pietro Formoso, 69 anni, Francesco La Bua, 68 anni, Pietro Morgano, 70 anni, e Vincenzo Meli, 66 anni. Nei confronti di Francesco Paolo Migliaccio, un ispettore della Polizia di Stato in servizio presso il commissariato Porta Nuova di Palermo, il gip del Tribunale di Palermo ha imposto il divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo e l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il fulcro delle indagini è costituito dalle attività illecite riferibili a Pietro Formoso (fratello di Giovanni e Tommaso, entrambi condannati alla pena dell’ergastolo per aver partecipato alla cosiddetta “stagione stragista” del 1993), soggetto di elevato calibro criminale, già raggiunto da numerose sentenze di condanna irrevocabili per reati non di mafia (associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti nel ruolo di promotore e capo), per le quali il predetto si trova tuttora detenuto.

L’alto profilo criminale dell’indagato si desume dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, concordi nel ritenerlo coinvolto nel contesto mafioso misilmerese e palermitano, oltre che dotato di notevole capacità economica frutto delle sue attività delinquenziali.
Sino ad oggi, Formoso non era mai stato raggiunto dall’accusa di associazione mafiosa o di delitti aggravati dal metodo mafioso, tanto che gli addebiti mossigli si fondano su numerose ed eterogenee risultanze istruttorie, acquisite - già a partire dal 2013 - sia dall’Arma dei Carabinieri che dalle due componenti operative della Guardia di Finanza di Palermo.
Il nome di Formoso era già emerso nel corso di approfondimenti di segnalazioni per operazioni sospette svolti, in materia antiriciclaggio, dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria.
Tali attività d’indagine, unitamente alle risultanze investigative acquisite dall’Arma dei Carabinieri e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, hanno permesso di ricostruire il contesto imprenditoriale dell’indagato e di tracciare i suoi interessi economici.
Le misure cautelari costituiscono, quindi, l’esito di complesse attività d’indagine condotte dalla Guardia di Finanza e dall’Arma dei Carabinieri, mediante attività tecniche e accertamenti finanziari e patrimoniali, supportati dalle dichiarazioni raccolte da diversi collaboratori di giustizia, sui seguenti ambiti: la partecipazione di Pietro Formoso alle attività della famiglia mafiosa di Misilmeri, con il ruolo di referente per il traffico internazionale di stupefacenti proveniente dalla Spagna e dalla Colombia e per le estorsioni nei confronti di imprenditori locali, nonché per aver autorizzato l’affiliazione di soggetti all’associazione mafiosa “Cosa Nostra”;le reiterate condotte estorsive in danno di un imprenditore palermitano, al quale venivano richiesti 100.000 euro, quale asserito corrispettivo per l’acquisto di pietre preziose, già saldate in passato;
condotte fraudolente da parte di imprenditori finalizzate ad evadere il Fisco;
la condotta di un operatore nel settore dei compro oro finalizzata ad assicurarsi un atteggiamento di favore da parte degli organi di controllo.
In particolare, le risultanze investigative hanno permesso di ricostruire le dinamiche concernenti la pretesa economica avanzata da Formoso al citato imprenditore (che origina dalla cessione a quest’ultimo da parte dell’indagato di gioielli del fratello Giovanni) e di chiarire il sistematico apporto fornito nella fase di riscossione del denaro da parte di altri soggetti, notoriamente inseriti in contesti mafiosi. Quest’ultimi, infatti, hanno posto in essere, con “metodo mafioso”, azioni idonee ad esercitare una particolare coartazione psicologica nei confronti della vittima, con i caratteri propri dell’intimidazione derivante dall’organizzazione criminale.


Nel medesimo contesto, si è dato corso al sequestro preventivo di somme di denaro depositate su conti correnti riconducibili ad imprese individuali, operanti nel settore della vendita all’ingrosso di carne e della vendita di oro ed oggetti preziosi, che avevano omesso il versamento dell’IVA e dell’imposta sul reddito, per un importo totale di circa 850.000 euro.
Per l’esecuzione dei provvedimenti sono stati impegnati circa 100 militari tra Carabinieri e Finanzieri dei Reparti sopra citati, con l’ausilio di unità cinofile per la ricerca di armi ed esplosivi.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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