Omicidio Conigliaro, la Cassazione conferma 20 anni per il marito

La ragazza fu fatta a pezzi bruciata quattro anni fa

SAN GIUSEPPE JATO, 3 marzo – Condanna a 20 anni per Salvatore Maniscalco, accusato di avere ucciso la moglie Concetta Conigliaro nell’aprile del 2014. Nessuno sconto di pena dunque per l’omicidio della ventisettenne fatta a pezzi e bruciata quattro anni fa. La Cassazione non ha accolto le attenuanti avanzate dalla difesa: Salvatore Maniscalco ha sostenuto di essere stato vittima di stalking da parte della moglie.

Ma la prima sezione della Suprema Corte ha confermato ugualmente la condanna a 20 anni di reclusione. Così come nel novembre del 2016 aveva fatto la corte d’assise d’appello di Palermo. Che a sua volta aveva confermato la condanna di primo grado nel processo che nel 2015 si tenne con il rito abbreviato.
Condanna confermata anche per il sancipirellese Antonino Caltagirone, accusato di distruzione del cadavere. Per lui 4 anni e 8 mesi, per buona parte già scontati. Di Concetta furono trovati solo pochi resti su indicazione dello stesso marito, nelle campagne di contrada Giambascio, lungo la strada che da San Cipirello conduce a Partinico. La decisione della Cassazione ha confermato anche i risarcimenti ai parenti della vittima. E nelle prossime settimane, dopo il dissequestro dei pochi resti ossei rimasti della giovane donna, si terranno i funerali. Per i quali nei due Comuni di San Giuseppe Jato e San Cipirello si è attivata la macchina solidale della raccolta fondi.

Le tracce della ventisettenne Concetta Conigliaro si erano perse il 9 aprile del 2014. In un primo momento in tanti avevano ipotizzato un allontanamento volontario. Il giorno della scomparsa la ventisettenne si era però rivolta al proprio avvocato per sporgere una querela contro il marito, Salvatore Maniscalco, per presunte lesioni. E non era la prima volta che la donna accusava l’uomo, che aveva a sua volta denunciato la moglie per percosse e maltrattamenti. La giovane, cresciuta in una casa famiglia, all’età di 18 anni aveva deciso di sposare Salvatore. Dal matrimonio sono nati due figli. Nel gennaio 2014 i due coniugi si erano separati e la giovane aveva pubblicamente deciso di intraprendere una nuova relazione.
Di qui l’ipotesi che potesse trattarsi di un allontanamento volontario. Quattro giorni dopo dalla scheda telefonica della giovane parte un messaggio indirizzato ad una delle sorelle. Un Sms sembrerebbe confermare l’allontanamento. Le indagini dei carabinieri accerteranno in seguito che quel messaggio è però partito dal cellulare del marito, dove era stata inserita la scheda Sim di Concetta. Il 23 aprile 2014 Maniscalco si reca in caserma e presenta una denuncia contro la moglie per violazione degli obblighi di assistenza familiare. In quegli stessi giorni alla stazione centrale di Palermo viene ritrovata la borsa della donna. Gli effetti personali vengono consegnati alla madre, Giovanna Lo Biondo, che il 14 maggio sporge denuncia per la scomparsa della figlia.

Il 31 maggio, in via Mazzini, davanti l’abitazione della signora Lo Biondo, vengono fatti ritrovare un giubbotto rosso con dentro delle ossa bruciacchiate. Le indagini chiariranno che si trattava di ossa umane. Una settimana dopo, su indicazione di Maniscalco, vengono ritrovate altre ossa. Stavolta in campagna, in contrada Giambascio, nei pressi della strada provinciale che collega San Cipirello con Partinico. Le analisi dei Ris non hanno però ancora sciolto i dubbi sul Dna ritrovato. Ma tutto fa pensare che possa trattarsi dei resti di Concetta. L’ipotesi più probabile è che la donna sia stata uccisa nella sua abitazione di via Crispi e successivamente data alle fiamme. Maniscalco, che ha finora numerose e confuse versioni dei fatti, davanti ai giudici ha parlato anche di un incidente: la moglie sarebbe morta in seguito ad una caduta al culmine dell’ennesima lite. A quel punto avrebbe caricato il corpo sulla sua auto e lo avrebbe distrutto nelle campagne che circondano il paese. Una versione con non poche lacune espositive.

(font: vallejatonews.it)

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